Risale al marzo del 1944 l’ultima eruzione del Vesuvio: durò circa dieci giorni
NAPOLI. Risale al marzo del 1944 l’ultima eruzione del Vesuvio che così è descritta sul sito dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv: essa fu preceduta da chiari segni premonitori a partire dal 13 marzo, quando si ebbe il collasso del cono di scorie presente all’interno del cratere. Questa eruzione è considerata come il termine di un periodo eruttivo iniziato nel 1913.
L’eruzione vera e propria iniziò il 18 marzo con un aumento dell’attività stromboliana e con piccole colate laviche sul versante orientale e verso Sud. Nel pomeriggio del 21 iniziò la seconda fase, caratterizzata da fontane di lava.
A partire da mezzogiorno del 22 si verificò un sensibile cambiamento nello stile eruttivo: la nube eruttiva raggiunse un’altezza di 5 km, mentre lungo i fianchi del cono si innescarono valanghe di detriti caldi e piccoli flussi piroclastici.
Si verificò, inoltre, una intensa attività sismica fino al mattino del 23 in cui l’attività eruttiva si ridusse alla sola emissione di cenere. L’emissione di cenere chiara che ebbe luogo il 24 preannunciò il termine dell’attività eruttiva, imbiancando il Gran Cono come dopo una nevicata.
Le esplosioni gradualmente si ridussero fino a scomparire il giorno 29, quando l’attività si ridusse a nubi di polvere, da attribuire prevalentemente a frane dell’orlo craterico. I paesi più danneggiati dai depositi piroclastici da caduta furono Pompei, Terzigno, Scafati, Angri, Nocera, Poggiomarino e Cava.
Gli abitanti di San Sebastiano, di Massa e di Cercola, circa 12.000 persone, furono costretti all’evacuazione. I danni prodotti dall’eruzione furono: 26 vittime; 2 centri abitati in parte distrutti; 3 anni di raccolti persi nelle aree interessate da ricaduta di ceneri.
Attualmente il Vesuvio non desta allarmi. L’attuale stato del Vesuvio è lo stesso che persiste dal 1944 ad oggi, ossia di quiescenza. L’Osservatorio Vesuviano svolge ricerca vulcanologica e geofisica e monitoraggio dei vulcani attivi. Fondato nel 1841 dal re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone, è il più antico osservatorio vulcanologico del mondo. Dal 2001 è la Sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Foto: fonte Ingv.