Curiosità linguistiche. Errori grammaticali: trionfo dell’ignoranza o cinica vendetta?
di Carlo Iandolo
POMPEI. Il vecchio professore, definito “il tiranno, il pignolo, l’insopportabile brontolone” per le sevizie grammaticali a cui sottopose generazioni di allievi nella sua lunga carriera, non è più (anzi non è… piú!): capite la differenza?
Egli, da incorreggibile pedante, raccomandava l’uso dell’accento acuto sulla vocale U («Il suo suono è sempre chiuso, chiuso!») in caso di necessit…à («La vocale A ha soltanto il timbro aperto, per cui vi porrete l’accento grave quando occorre»).
Non parliamo poi di apostrofi («Vanno segnati a fianco, non sopra!»), di monosillabi speciali («Sono molti e pericolosi»), di segnali di punteggiatura, di verbi irregolari…, con una lista d’esempi che non finivano mai: un tormentone! Rispettoso cultore dell’etimologia, cio…è del preciso significato originario delle parole, era sempre pronto a intervenire e precisare, incavolandosi di fronte ad abusi, a deviazioni illogiche e incoerenti.
La mattina era solito far colazione tardi, solo al termine d’un lungo lavoro: «”Merenda” significa cose da meritare, cosicch…é il giusto dovere deve precedere il successivo diritto».
Giunse addirittura – lui goloso degli “hot dogs” – a non comprarli mai: «Mi avvince il profumo e mi piacerebbero…; ma se mi propinassero (carne di) cane caldo, stando fedelmente al significato d’origine e alla mia indiretta richiesta?».
Cosí la sua testarda e maniacale ricerca d’etimologie lo lasciava spesso interdetto di fronte a interrogativi insolubili: «Ma perché i carabinieri non cambiano denominazione, dal momento che non hanno piú la carabina come arma fondamentale? E perché chiamiamo signorine le giovani e fresche fanciulle, la cui parola d’origine latina (sulla base “senex”) propriamente significa vecchierelle? E perché non sono docili i cani chiamati “mastini” (da “mansuetini”)? E non è affatto vero che i “bulldog” sono cani “da caccia al toro”, dal momento che spesso assalgono e addentano anche gli uomini!».
Pur tuttavia la vita si è beffata di lui nel gran finale: sul manifesto funebre hanno scritto “Ne danno il triste annunzio…”, senza che sul verbo “dànno” ci fosse il giusto accento, per distinguerlo dal sostantivo “il danno”, come si è soliti ben differenziare “tu dài” rispetto alla preposizione articolata “dai”, “i nèi” di contro alla preposizione articolata “nei”, “gli dèi” di fronte alla preposizione “dei” e la forma verbale “essi hanno” (anticamente anche “ànno”) di contro al sostantivo “l’anno”: quante volte lo ripetette nella sua lunga vita?
E c’è di peggio: il loculo che l’ospiterà definitivamente reca l’erronea scritta “Per se e per i suoi”, in luogo della corretta ortografia “Per sé…” («Con l’accento, per giunta di tipo acuto quando si scrive, si badi bene!, mentre quando si pronunzia la –e dev’essere chiusa, stretta»).
Trionfo dell’ignoranza o imperdonabile pigrizia dei responsabili? O, peggio!, è da sospettare la cinica vendetta di ex alunni (pessimi discepoli, senza dubbio) nei rispettivi ruoli di tipografo e d’epigrafista?