Tre nuove domus da visitare a Pompei: ecco le case mai viste prima d’ora
POMPEI. L’antica Pompei si arricchisce di nuovi edifici da visitare grazie ai restauri realizzati nell’ambito del Grande Progetto: la Casa dell’Orso ferito, la Casa di Sirico e il panificio di Popidio.
La Casa dell’Orso ferito prende nome dal mosaico posto nel corridoio d’accesso e raffigurante un apotropaico orso ferito da un’asta, affiancato dall’iscrizione di saluto “Have”. Fu costruita intorno al 50 d.C. nello spazio ricavato tra due abitazioni più antiche.
Nonostante le ridotte dimensioni, la domus spicca per la ricchezza degli apparati decorativi, in particolare di quelli pavimentali, tra cui il bel mosaico dell’atrio, che incornicia la vasca dell’impluvio.
La parte posteriore dell’abitazione è caratterizzata da un piccolo giardino con fontana a edicola dove, dalla decorazione di un fondale marino popolato da pesci, emergono le raffigurazioni di Nettuno e Venere adagiata dentro una conchiglia.
La Casa di Sirico è una grande abitazione che occupa in senso est-ovest la parte centrale dell’insula 1 della Regio VII, frutto dell’aggregazione di due dimore. Il nome del proprietario, Publius Vedius Siricus, è noto grazie al rinvenimento di un anello-sigillo in bronzo.
Il personaggio era un esponente della classe politica e commerciale di Pompei che riceveva quotidianamente i propri clientes nella domus accogliendoli con la beneaugurante iscrizione su cocciopesto “Salve Lucru(M)”, ovvero: “Benvenuto guadagno!”, posta sulla soglia di uno degli ingressi della casa.
Qui spicca per raffinatezza la grande esedra dove i convitati banchettavano su letti triclinari posti attorno ad un pregiato opus sectile pavimentale, circondati da affreschi rappresentanti Eracle alla corte della regina Onfale, Teti nell’officina di Efesto e la costruzione delle mura di Troia. Durante l’estate i rinfreschi si dovevano spostare all’aperto, sotto i pergolati dei due peristili affiancati.
Il triclinio della domus di Publius Vedius Siricus ospita 3 dei quattro calchi di vittime dell’eruzione (ritrovate poco distante dalla casa) che riportano a noi gli ultimi istanti di vita di un gruppetto di fuggiaschi che cercavano di lasciare la città già quasi sepolta dai lapilli; travolti dalla prima nube ardente morirono all’istante per choc termico.
L’interpretazione più recente individua i quattro come una famiglia, composta da un uomo che apriva la strada nella vana fuga dalla morte (forse uno schiavo alto e robusto dai tratti somatici marcati, con veste, sandali e un anello di ferro al dito della mano sinistra), una donna che, stringendo al petto pochi preziosi raccolti prima di darsi alla fuga, chiude la comitiva e sprona la corsa di due ragazze: una già adulta e l’altra che doveva essere ancora una ragazzina.
Con più di 80 pagnotte per infornata, 5 macine in pietra lavica nel cortile e innumerevoli avventori nelle ore di punta, infine, il Panificio di Popidio Prisco era uno dei più grandi forni della città, nelle immediate vicinanze del Foro. “Hic Habitat Felicitas” (Qui è di casa la felicità) si legge sulla porta del Panificio.
L’attività del forno si era rivelata estremamente lucrativa per la famiglia che abitava nella grande dimora adiacente, riccamente decorata con marmi pregiati. D’altra parte Popidio era un imprenditore ambizioso: oltre a vendere le sue pagnotte in città, da qualche tempo aveva preso a stampigliarle come vere opere d’arte ed esportarle fin nella vicina Nocera. Ancora oggi, il profumo del pane appena sfornato sembra avvolgere tutti i vicoli attorno.