L’enigma dei melograni di Oplontis: un frutto da mangiare oppure usato come colorante?

POMPEI / TORRE ANNUNZIATA. L’utilizzo del melograno a Pompei e nelle aree vesuviane è uno degli aspetti più misteriosi legati al materiale vegetale (semi, frutti, piante, ecc.) ritrovati nel corso degli scavi nella città antica. Questo frutto così particolare si mangiava o veniva usato soltanto come colorante?

A questa domanda, nel 2017, ha provato a dare una risposta Gaetano Di Pasquale, del Dipartimento di Agraria della “Federico II”, attraverso la ri-catalogazione dei i reperti archeologici vegetali conservati presso il Laboratorio di ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei.

«Quella che riguarda il melograno – dice – è una delle storie più curiose. È una pianta non autoctona in Italia, proviene dal Medio Oriente, probabilmente dalla Persia. Le origini non sono chiare perché è una pianta di antichissima coltivazione e quindi è stata diffusa da vari millenni».

«Essa – ha proseguito Di Pasquale – era presente non tanto a Pompei, ma soprattutto a Oplontis, nella Villa B: i frutti erano conservati in maniera molto precisa, insieme a paglia intrecciata. Probabilmente il motivo era la conservazione: non si sa se questi frutti fossero destinati ad un uso alimentare oppure ad un uso diverso».

Ma da cosa deriva questo interrogativo? «Abbiamo questo dubbio – ha spiegato lo studioso – perché i frutti ritrovati sono aperti e c’è solo la parte esterna, ovvero la buccia: manca completamente la parte interna. Ciò ci fa pensare che questa parte di frutto potesse essere destinata non ad un uso alimentare ma all’estrazione di un colorante».

D’altra parte l’uso di questo frutto, o di parte di esso, per queste attività specifiche non è del tutto un a novità. «La buccia dei melograni, infatti – conferma De Pasquale – veniva utilizzata per produrre un colorante giallo che poteva avere numerosi impieghi: sappiamo, ad esempio, che serviva per tingere le reti da pesca».

Incrociando queste conoscenze con la conformazione architettonica di Villa B, determinate ipotesi sembrano più che realistiche. «Se pensiamo che Villa B piuttosto che una villa sembra un magazzino, dove venivano conservate le merci in uscita o in entrata dal porto di Oplontis – conclude quindi il ricercatore dell’università “Federico II” – allora possiamo ipotizzare che il melograno fosse un prodotto destinato all’esportazione oppure all’importazione. Questo non lo sappiamo con certezza, è un punto da verificare così come la funzione di questi frutti che, probabilmente, non era alimentare ma produttiva di un colorante».

Guarda il video del Parco Archeologico di Pompeii

Marco Pirollo

Marco Pirollo

Giornalista, nel 2010 fonda e tuttora dirige Made in Pompei, rivista di cronaca locale e promozione territoriale.

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