A Pompei c’è un altro monumento: è un glicine secolare
Grandi glicini contrassegnano i luoghi dove prima ci sono stati ristoranti e alberghi, i cui giardini li ospitavano. Sono i grandi Glicini “ristoratori” della Terza Pompei.
POMPEI. A Pompei abbiamo da qualche mese un monumento vegetale ultracentenario, riconosciuto ufficialmente e per legge dalla Regione Campania. Si tratta di un rampicante dal nome un po’ complicato, una winstaria sinensis. Non pensate a piante aliene. Nel nostro caso si tratta semplicemente di un rampicante che comunemente è chiamato glìcine. L’esemplare a cui ci riferiamo è inserito negli elenchi regionali con la scheda n. 53 degli Alberi Monumentali della Campania. Esso è entrato a far parte di un sistema informativo detto Ami (Alberi Monumentali d’Italia).
La notizia la ho appresa direttamente dal titolare della attività turistico ricettiva, sulla breccia da quasi un secolo. Si tratta del complesso turistico Marius et Caesar, Hotel Mec, Ristorante da Andrea. Esso ospita il colossale glicine ultracentenario, che vanta un diametro di poco meno di un metro e fu piantato circa un secolo fa nella corte del fabbricato, che allora si affacciava sulla Via Regia delle Calabrie, poi Strada Statale 18, oggi Via Plinio.
Il fatto alimenta la mia antica passione per la lettura diacronica del territorio di quella che amo definire la Terza Pompei. La Terza Pompei altro non è che la Pompei civile e laica della quotidianità. Non quella prestigiosa dei primati archeologici dello Scavo universalmente più famoso, né quella solenne dei primati religiosi del Santuario mariano leader del meridione cattolico. Ma quella – più vera, a parer mio – la quale non trova posto, quotidianamente, o quasi, sulle pagine della stampa nazionale ed estera, come invece accade alle altre due.
Nelle mie osservazioni di architetto territorialista, prestato alla stampa, io rilevo che grandi glicini contrassegnano i luoghi dove prima ci sono stati ristoranti e alberghi, i cui giardini li ospitavano. Sono i grandi Glicini “ristoratori”. La merce di scambio era infatti l’ombra ristoratrice. Il di più era rappresentato dalla festa di colori e di odori elargita senza parsimonia dai glicini che spandevano i loro rami su pergole realizzate da mani sapienti apposta per loro. Alcuni ristoranti li hanno ancora rigogliosi e forti nei loro giardini pergolati. Provo a ricordarli tutti o quasi, scusandomi per averne trascurato qualcuno.
Tra i grandi Glicini ristoratori ricordo i grandi Glicini dei ristoranti di via Lepanto. Un glicine solenne – diviso in più fusti agevolmente scalabili – riempie ancora il giardino ormai abbandonato dell’antico e centrale Ristorante della Fortuna chiuso da decenni, ma un tempo rinomato come Ristorante ‘o spàccaro. Un glicine meno imponente si trova nell’albergo-ristorante Amitrano, una volta estremamente periferico rispetto alla piccola Pompei del passato, ma oggi al centro di un triangolo pulsante di attività commerciali e di traffico disordinato.
Segnalo anche i grandi Glicini ristoratori di via Roma, sopravvissuti in numero minore, a partire da quello presente nel giardino centralissimo dell’albergo-ristorante Del Santuario, un tempo gestito dai famosi ristoratori Lamberti, oggi dei Nina. E non tralascio quello dell’antica trattoria La Vinicola, ormai ingabbiato, mentre procedo lungo la via Roma, dove manca all’appello il grande Glicine dell’Albergo del Sole, distrutto durante la seconda guerra mondiale dai martellanti bombardamenti Alleati. Arrivo quindi alla via Plinio, dove sopravvivono i grandi Glicini del ristorante Anfiteatro e dell’albergo Ristorante degli Amici.
Nella zona di Porta Marina Inferiore riscontriamo notevoli perdite. Sono andati infatti perduti i grandi Glicini del ristorante Vesuvio e quelli dell’Hotel Suisse e dell’Hotel Vittoria. Essi, travolti da una malintesa “modernità”, sono stati stoltamente recisi e non possono più raccontare con la loro presenza il tempo trascorso. Noi auspichiamo la schedatura di nuovi monumenti vegetali, ricordando al lettore che a tutt’oggi soltanto il glicine del ristorante Da Andrea rimane a svolgere questa sua muta funzione di Glicine monumentale capostipite, “solenne come un monumento”, per dirla con Giosué Carducci.