Pietro, il flautista di Pompei che incanta l’Italia e l’estero
Il trionfo al premio “Sergio Zampetti”: «Non mi aspettavo di vincere ma sapevo di poter fare delle buone prestazioni»
POMPEI. Classe ’92, diploma in Flauto Traverso con il massimo dei voti, lode e menzione d’onore presso il Conservatorio di musica di Avellino; un triennio di alto perfezionamento presso l’Accademia “Lorenzo Perosi” di Biella e – ultima in ordine cronologico – la vittoria del concorso internazionale “Sergio Zampetti – Città di Saronno”, organizzato dall’Associazione Flautisti Italiani in collaborazione con il Comune di Saronno. Si tratta di Pietro Guastafierro, giovane e talentuoso flautista originario di Pompei. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per conoscere meglio la sua vita tutta dedicata alla musica.
Nel concorso internazionale “Sergio Zampetti” ti sei distinto tra 131 flautisti aggiudicandoti sia il primo premio della categoria massima che alcuni premi speciali. Ti aspettavi questo successo?
«Diciamo di no. Quando si partecipa a una competizione internazionale è sempre un terno al lotto. Ovviamente bisogna essere sicuri delle proprie capacità e di quanto si è studiato, in modo da presentarsi con una buona padronanza e la certezza di fare un bel concorso. Io non mi aspettavo di vincere ma sapevo di poter fare delle buone prestazioni».
Si tratta solo dell’ultima delle tante soddisfazioni che hai ottenuto sul piano musicale, nonostante la tua giovane età. Ce n’è una di cui vai particolarmente orgoglioso?
«In realtà non lo saprei dire. Io ho vinto molti concorsi sia nazionali che internazionali. Quest’ultimo è stato un po’ la ciliegina sulla torta, ma è comunque un punto di partenza, non di arrivo. In più l’anno scorso sono risultato vincitore del premio speciale “Suono italiano” (nel concorso internazionale “Severino Gazzelloni”, nda) e quello è forse il concorso flautistico più importante in Italia. Anche quella è stata una grande soddisfazione».
Ci racconti un po’ come ti sei avvicinato al flauto e in che modo ha condizionato finora la tua vita?
«Io ho iniziato a studiare flauto all’età di 8 anni grazie a mio zio, anche lui flautista. Ero fin da subito determinato a proseguire i miei studi in maniera molto seria. Non è mai stato un gioco. Anche oggi per me è un lavoro, non una passione. Io insegno flauto traverso in una scuola media statale, ma l’insegnamento è ciò che mi permette di viaggiare e di portare avanti questo percorso».
Ai tuoi studenti che consiglio daresti se volessero avvicinarsi a questo mondo?
«Purtroppo oggi in Italia è molto difficile fare carriera con l’arte. Io mi dedico allo strumento corpo e anima fin da piccolo, è una vita piena di sacrifici. Farlo seriamente significa studiare anche 8 ore al giorno, come una giornata lavorativa. Non tutti immaginano come si può arrivare ad alti livelli. Quello che consiglio è di studiare sempre e di dare il massimo ogni giorno mettendosi sempre in gioco».
Prossimi appuntamenti dopo la competizione di Saronno?
«Con la vittoria di questo concorso, avrò la possibilità di calcare importanti palcoscenici, come un palco di iniziativa Falaut (Associazione Flautisti Italiani). Sono iniziative a cui partecipano i migliori flautisti al mondo e avere la possibilità di calcare un palco del genere per me è un grande onore».
Palchi nazionali e internazionali quindi. Ma a Pompei, invece, c’è spazio per la musica?
«Io penso che purtroppo in Italia in generale non possiamo esprimerci. Credo che il Paese stia attraversando negli ultimi anni una forte crisi culturale, mentre secondo me l’Italia si potrebbe salvare dando più spazio alla Cultura».