Riprodotto fedelmente l’elmo in bronzo di un gladiatore secutor ritrovato a Pompei
NOLA. Grazie ad un interessante esperimento di tecnologia applicata all’archeologia è stato possibile realizzare la copia in bronzo dell’elmo di un gladiatore secutor identico in tutto e per tutto (dall’aspetto alla tecnica di produzione) all’originale ritrovato negli Scavi di Pompei.
L’iniziativa è stata promossa dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann), presso cui il pezzo di armatura originale è conservato, in collaborazione con la Fonderia Nolana Del Giudice, dove nel maggio 2018 l’esperimento ha preso corpo e vita.
Per giungere alla fedele riproduzione del preziosissimo reperto archeologico, ovviamente, è stato necessario partire da fase preliminare che, grazie alle moderne tecnologie e prima della fusione del metallo in fonderia, ha consentito di non danneggiare l’opera originale. L’intervento della tecnologia è stato suddiviso in cinque fasi.
La prima fase ha visto la scansione 3D del reperto per ottenere un prototipo. Il modello in scala dell’elmo del Secutor è stato realizzato, infatti, partendo dalla scansione dell’opera originale in 3D con sistema a laser scan a luce strutturata, che ha garantito una riproduzione digitale accurata dei dettagli dell’elmo.
Il file 3D è stato successivamente lavorato in post-produzione al fine di pulire le imperfezioni del file e consentire la divisione del modello in più elementi per il sistema di stampa. Nella seconda fase, grazie al rilievo tridimensionale così ottenuto, quindi, è stato possibile riprodurre fisicamente l’oggetto, diviso in più blocchi, con il sistema della stampa 3D.
Tali blocchi – che compongono l’unico modello in scala reale dell’elmo del gladiatore – sono stati assemblati e, poi, ritoccati a mano dagli esperti artigiani della Fonderia Nolana Del Giudice.
Successivamente, sul modello è stato costruito un calco. La formatura del modello è una fase particolarmente complessa, che richiede uno studio preventivo su come sezionare e dividere gli elementi. Alla fase di divisione segue la creazione della prima impronta.
Sulla superficie del modello, infatti, viene applicato uno strato di gomma siliconica elastica in grado di catturare l’impronta di ogni particolare e costituire il negativo dell’opera. La fase successiva vede, invece, la costruzione dell’involucro di gesso, che è costituito dai tasselli e dalla madreforma.
La forma a tasselli, in questo caso, rappresenta una sorta di puzzle tridimensionale che permette la costruzione di un guscio rigido su cui allocare l’impronta in silicone dopo l’estrazione del modello. Una volta completato, il calco dell’elmo è stato aperto per procedere all’estrazione del modello al suo interno.
Al negativo in gomma siliconica, una volta riposto nella sua struttura in gesso, sono stati applicati due strati di cera che hanno formato il primo positivo dell’opera. Dopo la rimozione dello stampo, il ritocco delle cere è un passaggio essenziale.
La fase di ritocco, accuratamente eseguita da una mano artigiana, oltre ad eliminare piccole imperfezioni di lavorazione, permette di apportare ulteriori modifiche alle forme e di perfezionare i dettagli. È seguita, poi, la fase di preparazione, cottura e fusione.
Questa fase di lavorazione si organizza in due momenti: il primo di preparazione alla cottura – sono stati applicati i canali di colata al positivo in cera e il tutto è stato ricoperto dal materiale refrattario, formando un involucro resistente alle elevate temperature della fornace – ed il secondo di cottura vera e propria: l’insieme dei materiali viene esposto a temperature che raggiungono 650 °C, che fanno evaporare la cera all’interno (da qui cera persa), creando una cavità nel blocco di refrattario.
A cottura completa del blocco si passa alla fase della fusione. Il bronzo liquido, portato a una temperatura di 1.200 °C, viene versato all’interno della “forma” di materiale refrattario e, scorrendo dall’imbuto nei canali formati dalle “colate” scomparse, ha riempito l’intera intercapedine prima occupata dalla cera ormai sciolta.
L’ultima fase inizia appena solidificato il bronzo: il guscio di materiale refrattario viene frantumato e i vari elementi di bronzo vengono liberati dalla forma. L’operazione successiva, quindi, riguarda la fase di rifinitura e cesello del metallo.
La lavorazione del bronzo è un’operazione completamente artigianale in cui la gabbia di getti di colata, ormai anch’esse di bronzo, vengono tagliate e tutte le imperfezioni della superficie eliminate. L’opera è stata rifinita e levigata in tutte le sue parti e le aree più ricche di dettagli cesellate con sapienti interventi manuali.
Ultimo processo è la patinatura. La patina artigianale a fuoco è il risultato di una reazione chimica controllata, che permette di creare varie colorazioni del bronzo. Nel caso specifico la patinatura completa e perfeziona l’opera d’arte, mantenendo caratteristiche di fedeltà al modello originale.
L’iniziativa del Mann, diretto da Paolo Giulierini, non è stato soltanto il frutto di un’approfondita ricerca scientifica, volta a ricostruire la vita, i costumi e le attività dell’antica Roma, ma è stato l’occasione per dare un’anteprima atipica e suggestiva al progetto scientifico ed espositivo “Alla scoperta dei tesori del Mann”.
Un percorso, questo, realizzato con la direzione di Luigia Melillo (responsabile dei Laboratori di Restauro ed Ufficio Relazioni Internazionali del Museo Archeologico di Napoli), che ha previsto un’indagine preliminare nei depositi del Mann per costruire nuovi itinerari espositivi che, da fine giugno in poi, arricchiranno le collezioni museali con l’esposizione di reperti poco conosciuti o addirittura mai esposti al pubblico.