“Alla ricerca di Stabia”: apre a Pompei la mostra che racconta l’antico sito stabiano di età preromana

A parlare sono i tanti materiali rinvenuti nella necropoli di Madonna delle Grazie e nel santuario di località Privati

POMPEI. Stabia e la sua storia raccontata attraverso preziose testimonianze materiali di necropoli e santuari. Questo è il filo conduttore che ha permesso la realizzazione della mostra “Alla ricerca di Stabia” inaugurata oggi (31 luglio 2018) presso l’Antiquarium di Pompei dal direttore Massimo Osanna (e visitabile fino al 31 gennaio 2019). Il grande sito vesuviano si presenta così come cassa di risonanza per un sito affascinante ma ancora poco valorizzato, con grandi ville d’otium (villa Arianna e villa San Marco) digradanti sul mare e con una sua storia ancora tutta da ricercare. La documentazione più antica risale a prima dell’occupazione romana del territorio e a parlare sono i tanti materiali rinvenuti nella necropoli di Madonna delle Grazie e dal santuario di località Privati (oggi sul territorio di Castellammare di Stabia, ndr).

 

Oggetti greci, etruschi e italici si inseriscono in un territorio fortemente permeato di scambi e intrecci tra genti diverse, sottolineando aspetti inediti di Stabiae, in un “mondo” culturale più ampio rispetto al territorio vesuviano e la presenza di un santuario extra-urbano della seconda metà del IV secolo a.C., già in abbandono nel I secolo a.C., con probabili dediche ad Athena protettrice della fertilità femminile e delle nascite lo dimostrerebbe. Il deposito votivo, individuato su una terrazza dei Monti Lattari al confine meridionale del territorio stabiano, conteneva materiale in parte frammentato intenzionalmente prima di essere deposto, frammisto a terreno bruciato e a offerte di ossa di animali e lo stesso deposito collega il luogo di culto ad altri ben noti santuari del territorio: il tempio dorico di Pompei e l’Athenaion di Punta della Campanella.

Anche la necropoli di Madonna delle Grazie si presenta come un’importante testimonianza per la storia del sito. Gli scavi hanno restituito circa 300 tombe, datate tra la seconda metà del VII secolo a.C. e la fine del III secolo a.C. e distribuite su un’area di 15.000 mq. Gli oggetti rinvenuti, facenti parte dei ricchi corredi funerari, connotano uno stile di vita ormai diffusamente grecizzato con l’adozione di forme legate al consumo di vino durante i banchetti. Ma c’è dell’altro: numerose sono anche le forme in bucchero, testimonianza di una presenza consolidata degli Etruschi sul territorio tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C. Sollecitati anche dall’arrivo di genti straniere, le popolazioni locali delle aree più interne della piana del Sarno e dei Monti Lattari si spinsero fino al Golfo di Napoli, aprendosi sempre più a nuovi contatti.

Alessandra Randazzo

Alessandra Randazzo

Classicista e comunicatrice. Si occupa di beni culturali per riviste di settore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *