Un’iscrizione nella Regio V data a ottobre del 79 d.C. l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei
La scritta in carboncino è datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre corrispondente al 17 ottobre
POMPEI. Come in ogni giallo che si rispetti, la prova schiacciante che incastra il colpevole salta fuori sempre alla fine. E infatti, malgrado i due terzi di Pompei fossero già venuti alla luce in 270 anni (e passa) di storia degli scavi, l’indizio che potrebbe (forse) sgomberare il campo da ogni dubbio sulla vera data dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. arriva solo dopo lo scavo di un’area che sino ad oggi – malgrado le prime esplorazioni in epoca borbonica – era rimasta praticamente sepolta sotto la cenere e i lapilli, vale a dire la Regio V di Pompei.
La cautela è d’obbligo in questi casi, ma è chiaro una scritta in carboncino ritrovata a Pompei e datata 17 ottobre possa far scaturire tutta una serie di riflessioni intorno alla questione della “vera” data dell’eruzione del Vesuvio.
Dunque: la tragedia che ha sepolto la città antica è avvenuta il 24 agosto, come comunemente ritenuto in passato, o il 24 ottobre, come suggerivano teorie suffragate da indizi sempre più lampanti emersi negli ultimi anni e già ampiamente riportati, tra gli altri, nelle pubblicazioni della direttrice degli scavi, Grete Stefani e, prima ancora, dell’archeologo Umberto Pappalardo (e via via negli anni da altri studiosi della materia)?
La risposta (quasi) definitiva all’annoso dilemma potrebbe arrivare dalla Casa con Giardino, scoperta nel corso degli scavi nella Regio V di Pompei. E, ironia della sorte, la possibile conferma della data di una immane sciagura è contenuta in una frase spiritosa, una espressione umoristica insomma, scritta su un muro con del carboncino.
Le pareti dell’atrio e del corridoio di ingresso della Casa con Giardino, infatti, hanno conservato una notevole quantità di graffiti, che sono attualmente in corso di studio. Quel che è certo è che ci sono frasi in alcuni casi anche di carattere osceno e con disegni, tra cui figurano pure alcuni volti stilizzati.
In maniera insolita, in questa domus si sono conservati in buone condizioni disegni di volti umani, tracciati con calce o gesso (tra cui uno raffigurante la caricatura di qualche personaggio) e con carbone.
Tra quest’ultimi, però, c’è anche un’iscrizione in carboncino (guarda il video qui), traccia tangibile di un momento di vita quotidiana, che sembra supportare l’ipotesi che l’eruzione del 79 d.C. possa essere avvenuta il 24 ottobre, piuttosto che il 24 agosto.
La scritta è, infatti, datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre (XVI. K NOV.), corrispondente al 17 ottobre. Cosa dice quel testo? Quale messaggio è contenuto in quelle poche lettere scritte da un autore che rimarrà per sempre anonimo e ignaro di aver consegnato ai posteri un importantissimo dato storico?
La spiegazione arriva direttamente dal direttore Massimo Osanna che si è avvalso della consulenza di Antonio Varone, ex direttore degli scavi di Pompei, e sul profilo Instagram riporta il testo completo dell’iscrizione: XVI (ante) K(alendas) Nov(embres) in[d]ulsit pro masumis esurit[ioni], ovvero: “Il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato”.
Diverse sono poi le considerazioni che spingono lo stesso Osanna a ritenere la scoperta sensazionale e decisiva rispetto alla questione della data dell’eruzione. Innanzitutto, l’iscrizione appare in un ambiente della casa che all’epoca era in corso di ristrutturazione, a differenza del resto delle stanze che, invece, erano state già completamente rinnovate. Pertanto si suppone che vi dovessero essere lavori in corso nell’anno dell’eruzione.
Inoltre, trattandosi di carboncino, fragile ed evanescente, che non avrebbe potuto resistere a lungo nel tempo, è più che probabile che la scritta si riferisca all’ottobre del 79 d.C.: vale a dire agli ultimi giorni di Pompei, appena una settimana prima della grande catastrofe che quindi sarebbe, secondo questa ipotesi, avvenuta il 24 ottobre.
Il “merito” di avere sciolto un dubbio di tale portata storica potrebbe essere di «un operaio buontempone che lo ha scritto sul muro di una stanza in ristrutturazione, all’interno di una frase scherzosa» ha detto il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, che ha aggiunto: «È un momento straordinario per Pompei, poter datare finalmente in maniera sicura l’eruzione. Già nell’800 un calco di un ramo che fa bacche in autunno aveva fatto riflettere, oltre al rinvenimento di melograni e dei bracieri».
Soddisfatto anche il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, in visita oggi a Pompei (16 ottobre 2018) sul cantiere dei nuovi scavi nella Regio V: «Tornare a Pompei e ritrovare un sito che offre nuove e, in un certo senso, rivoluzionarie scoperte, mi riempie di orgoglio sia come italiano che come ministro della Repubblica. L’iscrizione che sposterebbe la data dell’eruzione del Vesuvio dal 24 agosto al 24 ottobre del 79 d.C. e le preziose testimonianze che ancora riaffiorano in questo sito sono una delle più evidenti testimonianze di una cultura che vive, che pulsa e che ci vuole ancora raccontare quei periodi storici così lontani da noi. Il nostro compito è darle spazio adeguato per esprimere la sua magnificenza».
C’è da dire che la scoperta dell’iscrizione non ha affatto chiuso il dibattito – peraltro aperto già da decenni – sull’effettiva data dell’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti. Anzi, ha alimentato ancora di più ipotesi e discussioni sull’argomento.
Se è vero che il riferimento al 24 agosto è contenuto nella lettera di Plinio il Giovane a Tacito (sia pure al netto di possibili e successivi errori di trascrizione della stessa) è altrettanto vero che gli indizi materiali (reperti organici e aspetti della vita quotidiana) e archeologici (tra questi, il famoso denario di Tito) farebbero propendere con decisione verso la data del 24 ottobre.
La scoperta dell’iscrizione, ad ogni modo, è di quelle che possono dare un contributo se non decisivo, quanto meno fondamentale alla questione della data dell’eruzione. Tra l’altro bisogna ricordare che gli scavi nella Regio V di Pompei sono ancora in corso e non è escluso che possano far emergere nuovi e ulteriori elementi a supporto di una tesi piuttosto che dell’altra.
Insomma il “giallo” dell’eruzione pare proprio destinato ad essere risolto a breve in maniera definitiva e l’iscrizione trovata nella Casa con Giardino della Regio V – pur aggiungendo poco all’aspetto catastrofico dell’eruzione – resterà sicuramente un punto di svolta nella definizione della vicenda.