Gli Etruschi a Pompei: pronta la mostra che farà luce su un capitolo inedito della città antica
Nel fondo Iozzino c’è la presenza più consistente di iscrizioni etrusche di un unico contesto di scavo in tutto il Sud Italia
POMPEI. “Pompei e gli Etruschi”, la mostra allestita presso la Palestra Grande del Parco Archeologico di Pompei che sarà presentata in anteprima alla stampa martedì prossimo (11 dicembre 2018) mette in luce un capitolo inedito della storia di Pompei che riguarda la forte componente etrusca tra le famiglie nobili della città vesuviana. Lo studio approfondito delle offerte votive e dei vari oggetti, in particolare quelli rinvenuti nel cosiddetto ex Fondo Iozzino, sito nel centro della Pompei moderna (fuori dalle mura di quella antica) ha riguardato oggetti di varia natura: armi, vasellame, gioielli. Vale a dire reperti di recenti scavi posti in essere nelle aree sacre di Pompei (Santuario di Apollo, Santuario di Atena e Ercole, Capitolium).
Moltissimi sono stati ritrovati nell’antichissimo santuario extraurbano del Fondo Iozzino, dove sono stati deposti per ringraziare (o propiziare) la divinità nel periodo che va dal VI secolo almeno fino all’inizio del I secolo a.C. Il Santuario dell’ex Fondo Iozzino è stato oggetto dal 2014 di una serie di indagini che si sono concentrate nello spazio tra i due recinti sacri facendo emergere un piano di frequentazione riferibile al VI secolo a.C. che conteneva molte armi in bronzo e ferro e ceramica (soprattutto bucchero) deposta intenzionalmente in forme votive (brocchette, kantharoi o scodelle). Tra le armi: spade corte, una ventina di punte di lancia in ferro (a volte con manico in bronzo), cuspidi di giavellotto, un rarissimo scettro in ferro, un grande scudo in bronzo con la fascia interna da manovra.
Dall’esame dei reperti emerge la datazione all’età arcaica e la composizione in forte quantità di vasellame in bucchero con graffiti in lingua etrusca, che dimostrano la presenza più consistente di iscrizioni etrusche fino ad ora scoperto in un unico contesto di scavo in tutta l’Italia meridionale. Il vasellame in bucchero veniva utilizzato per sacrificare agli Dei vino rosso e bianco, o infusi d’erbe. Le iscrizioni erano poste sul bordo e sul piede delle scodelle e vasi da banchetto che, dopo l’uso, venivano deposti capovolti sul suolo. Spesso dopo il sacrificio venivano lanciati al suolo e frantumati.
Le iscrizioni ritrovate attestano i nomi degli offerenti, etruschi originari anche della Toscana, e della divinità a cui era dedicato il Santuario, il dio “Apa” (che significa Padre), forse Giove Meilichios. Accanto a queste iscrizioni figurano numerosi graffiti a forma di croci, stelle a cinque punte, asterischi ed alberelli. Tutti simboli sacri e di buon auspicio. Insieme alle offerte sono stati rinvenuti anche gioielli (anelli d’argento o d’oro con pietre decorate) e vasellame originario da tutto il Mediterraneo antico, ceramica a vernice nera dall’Attica, vasi per profumi da Corinto, contenitori ionici per unguenti configurati a gamba e coppe etrusco-corinzie.