Io vado al Museo: Pompei a ingresso gratuito il 24 ottobre, possibile data dell’eruzione del 79 d.C.
Gli scavi nella Regio V hanno contribuito a spostare l’ago della bilancia verso la conferma di una datazione autunnale
POMPEI. Il 24 ottobre 2019, in occasione delle giornate gratuite preposte dal Ministero dei Beni e delle attività culturali, sarà possibile entrare gratuitamente al Parco archeologico di Pompei. La data è stata inserita all’interno di una serie di giornate proprio perché dovrebbe essere la ricorrenza legata al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., esattamente 1940 anni fa. Nessuno, al momento, può dire con certezza quale delle due versioni sulla data dell’eruzione sia la più corretta, e cioè se 24 agosto o 24 ottobre, anche se gli ultimi scavi nella Regio V, hanno in qualche modo contribuito a spostare l’ago della bilancia sempre più verso una conferma di una data autunnale.
Più di un anno fa, si era dato l’annuncio di una scoperta che avrebbe rivoluzionato la tradizionale data del 24 agosto e cioè il rinvenimento su una parete della Casa del Giardino della Regio V di un’iscrizione a carboncino il cui testo, in corsivo e in latino, è risultato sin da subito di difficile interpretazione, tanto che si è reso necessario l’interpello di diversi studiosi di paleografia. Al momento, nessuna novità è emersa. Qui di seguito riportiamo una parte di iscrizione che è stata comunicata al pubblico: XVI (ante) K(alendas) Nov(embres).
Antonio Varone, pompeianista ed epigrafista ha interpretato così il continuo dell’iscrizione: in[d]ulsit pro masuri esurit[ioni] che risulterebbe in italiano “Il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato”. Differentemente, Giulia Ammannati, docente di Paleografia Latina presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, proponeva una nuova lettura: “In olearia/proma sumserunt […]”, vale a dire “Hanno preso nella dispensa olearia […]”. Secondo il direttore generale di Pompei, Massimo Osanna, dopo “sumserunt” qualcosa è stato cancellato, forse il complemento oggetto retto da “sumserunt”, che in questa accezione significherebbe “aver ricevuto” o “aver prelevato”, un’entrata o un’uscita?
Secondo quanto riportato, questa data sarebbe la “prova” che l’eruzione avvenne in autunno perché, trattandosi di carboncino, fragile ed evanescente, questo non avrebbe potuto resistere a lungo nel tempo, ed è quindi probabile che la scritta sia stata realizzata una settimana prima della presunta data dell’eruzione che si sposta così ad ottobre. Prima di poterci esporre sulla scoperta che rimane comunque grandiosa, aspettiamo ulteriori analisi scientifiche, ma ci sentiamo di dire che al massimo questo elemento verrebbe a costituire un ulteriore indizio di un filone di studi che dura da anni e che ha visto in tempi recenti la direttrice degli scavi di Pompei, Grete Stefani e Michele Borgongino, apportare nuove e interessanti tesi a favore della datazione autunnale, tesi che nascono da un’attenta analisi dei testi antichi e quindi da una ricerca filologica degli autori che parlano dell’eruzione del 79 d.C. e di una approfondita analisi archeologica sui siti vesuviani colpiti dall’evento, in cui i reperti botanici e la frutta di carattere autunnale (melograne, fichi secchi, vendemmia, noci, pigne) hanno particolare rilievo.
Ma qual è quindi la vera data dell’eruzione? C’è da dire che la rovinosa distruzione delle città vesuviane non fu un evento passato in sordina all’epoca dei fatti. Sono molti gli scrittori, infatti, che ci hanno tramandato il ricordo dell’eruzione del 79 d.C.; tra i più importanti si ricordano Cassio Dione (Storia di Roma, LXVI 21-23 con la relativa epitome di Zonara XI 18), Eusebio di Cesare (Chronicon, a.5280), Flavio Giuseppe (Ant.Iud. XX 7,2) e Tacito (Hist. I2; Ann. IV 67). Il racconto più attento e impressionante ci viene però da un diretto testimone degli eventi, Plinio il Giovane, che poté assistere all’eruzione da Miseno, dove si trovava insieme alla madre, al seguito dello zio Plinio il Vecchio, il famoso naturalista e ammiraglio della flotta che era lì di stanza.
In due lettere scritte all’amico Tacito egli, con dovizia di particolari, descrive le vicissitudini dello zio, anch’egli vittima illustre dell’eruzione, mentre con le navi cercava di portare soccorso alle popolazioni colpite dalla furia del vulcano. Analizzando i documenti, l’anno dell’eruzione sembra concorde per tutti; quanto al mese, invece, gli studiosi sono in disaccordo. Nei codici più accreditati di Plinio il Giovane, molti studiosi leggono “nonum Kal. Septembers”, ossia il 24 agosto; altri, che si basano su una versione deteriore dei codici, reperibili solo nelle opere a stampa della fine del Quattrocento o degli inizi del Cinquecento, leggono “Novemeber Kl.”, ipotizzando quindi una datazione in pieno autunno.
Il dato archeologico, come abbiamo accennato, restituisce invece diversi frutti tipicamente autunnali, ritrovati nei vari siti vesuviani come le bacche d’alloro, le castagne e le noci, cospicue quantità di fichi secchi, prugne secche, datteri e melograne. In una villa di Oplontis sono stati trovati ben 10 quintali di melagrane, messe a seccare tra quattro strati di stuoia intrecciate. La raccolta doveva avvenire proprio tra settembre e ottobre, prima della stagione delle piogge, e poi il frutto veniva messo a maturare in un ambiente protetto. Ma c’è dell’altro. A Villa Regina (Boscoreale), la vendemmia era già stata ultimata; nel cortile interno dell’azienda agricola sono stati trovati un gran numero di dolia per il mosto già chiusi e sigillati.
Tra i reperti particolarmente interessanti c’è anche una moneta, il famoso denario d’argento di Tito, ritrovato nella Casa del Bracciale d’oro assieme ad altre monete d’oro e d’argento accanto al corpo di un fuggiasco, che riporterebbe la scritta “IMP XV”. Cosa significa? È una abbreviazione con la quale si celebrava, in seguito ad una vittoria militare, la quindicesima volta in cui Tito venne nominato imperatore. Si tratta della cosiddetta “salutatio imperatoria”: le truppe acclamavano il proprio comandante e chiedevano al Senato la giusta attribuzione di onori. Questo particolare momento della vita di Tito ha una data ben precisa perché sappiamo, grazie ad una lettera dello stesso imperatore ai decurioni della città di Munigua, che Tito venne acclamato per la quindicesima volta imperatore solo dopo l’8 settembre del 79 d.C. Di conseguenza, secondo il reperto, l’eruzione non può essere avvenuta d’estate, ma in autunno.
Dall’analisi di tutti questi dati, come emerge, una data certa non c’è e forse non sapremo mai quando il Vesuvio distrusse le città di Pompei, Ercolano, Stabia, Oplontis… Noi lasciamo “aperta” la questione della data dell’eruzione in attesa di nuovi dati scientifici, magari provenienti proprio dalla Regio V, che siano in grado di rispondere ai tanti interrogativi che ancora oggi non hanno una risposta. Intanto il 24 ottobre, che sia o meno la data dell’eruzione, ci si può anche godere questa giornata a ingresso gratuito nel Parco Archeologico di Pompei, per ammirare le meraviglie della città antica distrutta dal Vesuvio nel 79 d.C.