Riapre la Casa del Bicentenario ad Ercolano
Chiusa al pubblico dal 1983 a causa di problemi alla struttura, riapre grazie alla collaborazione tra pubblico e privato
ERCOLANO. Una giornata di festa e grande partecipazione per Ercolano. Il 23 ottobre 2019, oltre a riaprire la bella Casa del Bicentenario si ricordano anche i 300 anni dall’avvio dei lavori di scavo nella città. La data non è casuale, e l’invito è stato quello di radunare per un grande evento tanti professionisti, studiosi, ricercatori e il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che in questi anni si sono avvicendati nello studio non solo di questa incredibile domus, ma anche nel proficuo dialogo tra città antica e moderna.
La casa del Bicentenario, chiusa al pubblico dal 1983 a causa di problemi alla struttura, riapre grazie all’importante tappa di programmazione che vede in campo già da parecchi anni una felice soluzione di studio e lavoro tra pubblico e privato. Una best practice ante litteram, in cui la fondazione Packard Humanities Institute assieme al nuovo Parco Archeologico di Ercolano non potrà che continuare ancora in numerosi interventi di conservazione, manutenzione e restauro che ad oggi hanno portato la città a non essere più considerata la “sorellastra” di Pompei.
Ma i lavori di sinergia non terminano qui, e proprio la domus è stata scelta per la proficua collaborazione con con l’Herculaneum Conservation Project (Hcp) e anche con il Parco Archeologico di Pompei, ex Soprintendenza, creando all’interno dell’abitazione un cantiere e un laboratorio permanente di restauro, a beneficio dell’intera città antica. La casa infatti è esemplificativa delle sfide che questo prezioso e fragile sito archeologico affronta oggi: delicati elementi lignei carbonizzati, strutture in parte originali e in parte ricomposte, in un delicato equilibrio statico voluto da Maiuri per fini scenografici, affreschi e mosaici trattati innumerevolmente nel corso di quasi un secolo dal disseppellimento.
Il laboratorio che si è voluto qui è anche rappresentativo di come il connubio privato-pubblico sia stato, almeno nel caso di Ercolano, sinonimo di successo e qualità. Grazie al nuovo Parco Archeologico di Ercolano la casa del Bicentenario sarà un cantiere “permanente” in cui studio e sperimentazione andranno di pari passo con la fruizione, attraverso un utilizzo equilibrato delle risorse, un bene culturale comune su cui più soggetti lavorano insieme per migliorarne le conoscenze e il pubblico godimento.
Il nome moderno deriva dal ricordo dei duecento anni dall’inizio della scoperta di Ercolano. A questa abitazione appartiene anche un importante archivio di circa 150 tavolette cerate di Calatoria Themis, moglie di C. Petronius Stephanus, rinvenute assieme ad un papiro documentario in una cassetta di legno carbonizzato. Gli archeologi sono riusciti anche a decifrare il contenuto delle tavolette e cioè il processo di ingenuitas di Petronia Iusta, fanciulla nata da Petronia Vitale, schiava e poi liberta di P. Stephanus.
La casa sorge in una posizione privilegiata della città, affacciata sulla strada e a pochi passi dal Foro e dal teatro. Lo scavo è avvenuto negli anni tra il 1937 e il 1939 sotto l’attenta guida di Amedeo Maiuri che mise alla luce una superficie complessiva di circa 600 mq. Don Amedeo, aveva capito sin da subito il potenziale narrativo della città di Ercolano, un unicum forse, sia per la qualità degli elementi ritrovati che per l’eccezionale stato di conservazione di questi.
Stoffe, legni, reperti organici e secondi piani di abitazioni che nella vicina Pompei non ci sono pervenuti, erano e tutt’ora sono attrattori eccezionali di una città che ha ancora molto da raccontare. Chi visitava all’epoca la casa, grazie all’idea del suo “museo diffuso”, poteva trovare ricollocata nell’impluvium una colonnina marmorea, marmo e vetri recuperati nello scavo, un tavolo marmoreo sostenuto da una colonna e anche un mobile carbonizzato. Già da allora Don Amedeo aveva capito che il racconto doveva partire dall’oggetto del quotidiano, per raccontare una casa, la sua vita e in maniera sempre più generale anche gli aspetti di una società.
Oggi il visitatore, attraverso modalità che sono andate raffinandosi nel tempo, potrà vedere, interagendo con gli specialisti, il grande lavoro di recupero e restauro operato nel corso di questi anni. Potrà entrare nel peristilio della casa e osservare il cantiere di restauro open che consentirà il nuovo accesso al primo piano nel retro della casa e vedere anche la cosiddetta “croce” creduta cristiana. Il 28 gennaio 1938 infatti lo scavo raggiunse il primo piano del quartiere sul braccio ovest del peristilio. Nei Diari di scavo si legge che “in un ambiente del piano superiore, sulla parete ovest sopra stucco a fondo bianco vi è incisa una croce alta m. 0,45 per 0,36. La parte perpendicolare è larga m. 0,045 e quella orizzontale m. 0,025. Sul pavimento, sotto la croce, vi è una cassa o ara votiva di legno carbonizzato non ancora sterrata”.
La scoperta fu subito comunicata all’allora soprintendente Amedeo Maiuri, il quale colse le straordinarie potenzialità del rinvenimento che poteva fare di Ercolano il luogo dove si conservava la più antica testimonianza cristiana del culto della croce. La domus, tra l’altro, è particolarmente nota al grande pubblico proprio per la scoperta di quello che venne ritenuto erroneamente il primissimo segno della cristianità in questi luoghi, cioè un segno a forma di croce sull’intonaco parietale di un ambiente di primo piano, poi interpretato come supporto di una mensola sulla base del confronto con altri ritrovamenti simili.
I lavori svolti tra il 2017 e settembre 2019 hanno consentito di concludere i lavori di sostituzioni delle coperture, ormai deteriorate e di mettere in sicurezza le superfici decorate. Le modalità tecniche sono state studiate anche per rispondere all’esigenza della sicurezza anti sismica, di compatibilità con l’antico e soprattutto in un’ottica popolare e quindi apertura anche ai non addetti ai lavori della materia archeologica. I lavori nella Casa del Bicentenario sono comunque ancora in corso d’opera, le prossime tappe riguarderanno la conservazione degli affreschi e dei manufatti carbonizzati dall’eruzione, il ripristino degli accessi ai piani superiori, in tutto tre, in un’ottica multidisciplinare e conservativa.
Dichiara il Ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, on. Dario Franceschini: «La preziosa collaborazione tra pubblico e privato che da un ventennio opera a Ercolano ha portato un altro frutto: la riapertura al pubblico dopo 36 anni della Casa del Bicentenario. Si tratta di un risultato importante, che ha il merito di coniugare studio, restauro e fruizione di un monumento straordinario, caduto in stato di abbandono alla fine del XX secolo e ora nuovamente accessibile ai visitatori. Stato e mondo privato dimostrano così di poter agire insieme per la miglior tutela e valorizzazione del patrimonio culturale grazie a un progetto condiviso, che in questa circostanza ha riguardato anche il restauro degli ambienti del tablino».
«La guida – aggiunge il titolare del dicastero di via del Collegio Romano – illustra ai visitatori la lunga storia che dallo scavo del sito tra il 1937 e il 1939 porta ai nostri giorni, restituendo il clima di fervore e entusiasmo che accompagnava le prime scoperte, l’interesse cresciuto intorno alla Casa del Bicentenario, le vicende successive che portarono alla sua chiusura e l’entusiasmo con cui oggi si è lavorato al suo recupero. La cura scientifica che contraddistingue l’opera condotta a Ercolano rappresenta un modello e deve costituire motivo di orgoglio per tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto. Cittadini e turisti potranno così tornare ad ammirare una delle case più interessanti del sito, godere dei suoi ricchi ambienti e stupirsi di fronte ai sontuosi affreschi del tablino».
Il direttore del Parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano si sofferma sulla progettazione appena conclusa: «Inserita all’interno della programmazione congiunta pluriennale di cui è responsabile per la Fondazione Packard l’architetto Jane Thompson, è stata affidata alla straordinaria equipe di professionisti dell’Herculaneum Conservation Project, coordinati dall’architetto capogruppo Paola Matilde Pesaresi, affiancata da Annunziata Laino per gli aspetti di restauro e da Giovanni Vercelli per gli aspetti strutturali. In una ideale staffetta hanno diretto i lavori l’architetto Annamaria Mauro del Parco Archeologico di Pompei e l’architetto Angela Di Lillo del Parco Archeologico di Ercolano. In questo contesto assume particolare pregio anche il progetto pilota del Getty Conservation Institute per lo studio e la conservazione delle superfici decorate nel tablino della Casa del Bicentenario, capitanato da Leslie Rainer. Si tratta di una rete virtuosa di soggetti internazionali di alto valore scientifico che il Parco coltiva come base imprescindibile per la qualità della propria azione».
«Ercolano, come Pompei – dichiara invece Massimo Osanna, direttore generale del Parco archeologico di Pompei – ha dimostrato negli ultimi anni di essere un esempio virtuoso di gestione pubblica in grado di garantire la salvaguardia e la conservazione del sito e di saperne rilanciare l’immagine. Se da un lato Pompei è stata riconosciuta come modello di buona spesa dei fondi pubblici, Ercolano si è confermato esempio di riuscita sinergia tra pubblico e privato, in termini di capacità di programmazione e di strategia tesa alla salvaguardia e al restauro. La restituzione alla fruizione della Domus del Bicentenario ne è l’ulteriore dimostrazione. Il complesso intervento di restauro che ha interessato le strutture, le coperture e gli apparati decorativi è stato finanziato con fondi del Parco archeologico di Pompei, collocandosi in un momento di passaggio che ha poi portato all’autonomia degli scavi di Ercolano.
«I lavori – ha poi aggiunto Osanna – diretti dall’architetto Annamaria Mauro, capo dell’ufficio tecnico del Parco Archeologico di Pompei, sono stati eseguiti dal personale tecnico interno di Pompei ed Ercolano, con il supporto di esperti della Packard che da lungo tempo affiancano la direzione scientifica della Soprintendenza di Pompei, prima, oggi del Parco Archeologico di Ercolano. Anche questo passaggio di testimone da un’istituzione all’altra, senza interruzioni e intoppi, ha comprovato la capacità di agire in rete e collaborare per un obiettivo comune, che è la salvaguardia del patrimonio culturale universale. Il lungo lavoro di progettazione che precede il restauro – conclude quindi – dimostra quanto sia fondamentale l’attività di studio e ricerca che è alla base di ogni singolo intervento. Ma è soprattutto l’approccio globale alla conservazione, inteso come programmazione coordinata delle attività e non attuazione di azioni singole e slegate, che contribuisce al buon risultato finale, sia a Pompei sia a Ercolano».