Calcio, la Pompei del pallone riparte dal Santa Maria Assunta
La squadra milita in Prima Categoria, ma sconta la mancanza di un campo in città. L’intervista a Giorgio Milito
POMPEI. Da un lato una scuola calcio dove i più piccoli possono crescere nello sport e nella vita, dall’altro l’unica squadra di Pompei a militare in Prima Categoria. Sono le due facce del Santa Maria Assunta, e noi abbiamo voluto farcele raccontare entrambe dall’allenatore Giorgio Milito.
Ripercorriamo un po’ le tappe principali del vostro progetto. Come si è evoluto negli anni il Santa Maria Assunta?
«Il Santa Maria Assunta nasce come scuola calcio, circa 25 anni fa, con lo scopo sociale di avvicinare i bambini allo sport. Poi il presidente e fondatore Michele Varone ha iniziato a coltivare il sogno di offrire agli ex allievi un’occasione per re-incontrarsi e tornare a giocare a calcio, così quattro anni fa ha fondato una squadra di Terza Categoria, che è presto stata promossa in Seconda e che l’anno scorso è stata ripescata in Prima, dove tutt’ora milita».
Ed è la massima categoria calcistica attualmente rappresentata a Pompei.
«Sì, ed è una soddisfazione portare in giro il nome della nostra città, anche se purtroppo a Pompei non abbiamo un impianto sportivo che ci consenta di “esibirci” davanti ai nostri amici. Le partite in casa le stiamo disputando in una struttura privata a San Giuseppe, in attesa che il campo Bellucci venga finalmente reso agibile. Questa è una criticità importante, però proviamo a sopperire con abnegazione e spirito di sacrificio».
E che risultati state ottenendo?
«L’anno scorso da neopromossa ci siamo salvati con grande anticipo e siamo arrivati alle semifinali di Coppa Campana, quindi tra le prime quattro squadre della Regione. Quest’anno il campionato è più complicato ma speriamo di riuscire a salvarci quanto prima per poter disputare la seconda parte in tranquillità e magari iniziare a lanciare qualcuno dei ragazzi più giovani, anche perché ci piacerebbe che la scuola calcio si chiudesse come ciclo di formazione proprio con l’esordio in prima squadra. Chiaramente bisogna tener conto che nella nostra categoria ci troviamo ad affrontare squadre con giocatori di una certa esperienza e non è sempre opportuno impiegare ragazzini contro ultratrentenni, poiché il divario può essere penalizzante».
Il vostro, al di là del lavoro sul campo, è anche un progetto sociale. Giusto?
«Sì, il nostro scopo è tenere aggregata una realtà attraverso un elemento di svago e di divertimento che tutte le città limitrofe si trovano e che a Pompei purtroppo da qualche anno non c’era. Ci spinge l’amore per lo sport e per lo stare insieme, tant’è che – a parte i pochissimi rimborsi spese che la società può permettersi – i ragazzi non sono stipendiati. Inoltre pur essendo una squadra che tende a non prendere giocatori dall’esterno, c’è chi ha scelto di sposare il nostro progetto e tesserarsi».
Se dovesse invitare qualcuno, magari un bambino, ad avvicinarsi al Santa Maria Assunta, su cosa punterebbe per convincerlo?
«Io ho avuto esperienze anche con altre realtà locali, ma quando mi chiedevano di consigliare una scuola calcio facevo sempre il nome del Santa Maria Assunta pur non essendo un tesserato, perché è la realtà che ha più storia e più solidità. Nasce come realtà aggregata al mondo religioso. Lo spazio in cui ci alleniamo appartiene alla Basilica Pontificia di Pompei e questo è già di per sé sinonimo di posto tranquillo. Ma non è tutto. Nei vertici di questa società, soprattutto in Michele Varone e nei suoi soci Catello Costantino e Renato Canfora, c’è sempre stato il desiderio di creare una zona franca in uno spazio neanche troppo distante da quartieri difficili. Il campo del Santa Maria Assunta è sempre stato un riparo in cui i ragazzi potessero crescere e divertirsi in un ambiente sano».