I delitti dell’Orsa Maggiore: è in libreria il nuovo noir di Livia Cipriano
Una serie di efferati omicidi scuote la vita di una tranquilla città della provincia Italiana: una vicenda con finale a sorpresa
POMPEI. “I delitti dell’Orsa Maggiore” è il titolo un romanzo noir che cela una graffiante analisi sociale riguardante episodi di violenza e sopraffazione tollerata dalla timorosa e servile sudditanza popolare di una città anonima. Si tratta di una vicenda delittuosa e composita in cui gli orrendi episodi di sangue disegnano sul territorio la costellazione dell’Orsa Maggiore, turbando l’apparente tranquillità di una città della provincia Italiana.
Un’investigatrice improvvisata (Amelie) decide coraggiosamente di puntare il dito contro un assassino seriale impunito, nonostante fossero state raccolte prove schiaccianti a suo carico, che nessuno aveva osato impugnare negli ambienti associativi di beneficenza e nei circoli letterari dove era stata alimentata la vicenda di sangue, facendo giganteggiare la figura intransigente di Monsignor Learza. “Bravo e anche bello. Un angelo” dicevano di lui bigotte e volontarie del posto.
È un “noir mascherato” il romanzo scritto da Livia Cipriano, autrice che non ha bisogno di presentazione, considerato che ha già pubblicato precedentemente romanzi che hanno ottenuto la condivisione dei lettori. Si tratta, è bene chiarirlo, di un “noir mascherato” perché, anche se descrive nei dettagli otto assassini cruenti e misteriosi, commessi in un’anonima città della provincia italiana, in un ambiente normalmente dedito alla beneficenza e al volontariato a matrice cattolica, in cui si suppone fin dalla partenza dell’indagine investigativa di Amelie l’identità dell’omicida serial.
Nel corso del romanzo si appura che sono stati raccolti indizi (mai approfonditi) nei sette (anzi otto) efferati episodi che disegnano sul territorio la costellazione dell’Orsa Maggiore. Sono state raccolte anche le tracce (che si trasformeranno in prove) delle nefaste responsabilità del potente monsignore omicida (come per esempio le cicche di sigarette profumate) lasciate con arroganza, come una firma, dal soggetto che si riteneva al di sopra delle leggi e dalla morale condivisa.
Il fatto che si tratti di un “noir mascherato” non significa che il romanzo manchi di suspense nel corso dell’incredibile (ma non troppo) indagine, narrata con sapiente tecnica descrittiva e dialoghi incalzanti da Livia Cipriano. La curiosità che l’autrice del libro inculca abilmente nell’animo del lettore emerge della verifica dei risultati colti dalla sua alter ego, quando alla fine (spalleggiata da Baffo) decide di sfidare il pericoloso Monsignore assassino. Renée Du Bois, che in una stretta contingenza diventa Amelie du Lac, riuscirà a mettere il potente sacerdote (più potente del Vescovo) con le spalle al muro, scagliandogli contro il macigno delle sue responsabilità che l’ambiente circostante, vittima consenziente, aveva sempre ignorato?
Per essere esplicito, l’assassino spregiudicato dell’Orsa Maggiore che strappa la vita alle persone ree di indolenza, invidia, lussuria ed altri peccati capitali, ergendosi ad “angelo sterminatore” è un prete che ha equivocato il senso della sua missione, inventandosi il ruolo di braccio vendicatore di un Padreterno che, invece, avrebbe dovuto essere “consolatore” per le sue umane debolezze. Il tutto in un romanzo che descrive uno scenario inquinato da decadentismo bigotto.
Sia ben chiaro, il protagonista avrebbe potuto essere (in altro contesto) un direttore di banca, un pubblico ministero, il comandante della caserma dei Carabinieri o quello della Polizia locale. La problematica che emerge nasce dall’arroganza esasperata di chi ritiene di potersi ergere al di sopra delle regole e della morale. La cosa peggiore è che personaggi del genere alimentano il loro potere nella palude ambientale . È storia perenne che l’alibi dei lupi si alimenta del silenzio delle pecore.
Una vicenda del genere è descritta in modo esemplare nel film del 1970 “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, diretto da Elio Petri ed interpretato da Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan. Si tratta di una storia svolta in un diverso contesto, ma originata lo stesso dal dispotismo violento del potere di chi ha il privilegio di non essere imputabile per il delitto commesso. La stessa identica tematica del noir della Cipriano anche se Petri fu più “parsimonioso” descrivendo un solo assassinio.
Nel suo racconto Amèlie si compiace della collaborazione di “Baffo”, il partner ideale per una donna autoironica e dominante come lei. “’A faccia mia sotto i piedi vostri” le ripeteva l’ex detective dell’Unità Crimini Speciali della Polizia dopo aver messo nelle sue mani un suo caso di omicidio seriale irrisolto. Al contrario del suo “capo” Amelie, come appureremo alla fine, l’incontro drammatico con Monsignor Michele Laerza, in cui sarà incriminato sulla base di prove schiaccianti, se l’era cercato trasferendosi nell’anonima città dov’erano stati commessi tutti i delitti, meno uno (la città grande, vivace ed animata all’imbrunire, in contrasto con la piazza, la grande chiesa a tre navate, deserta di sera, e la città piccola, esperimento di architetti di grido).
In essa sarebbe tornato dopo due anni di assenza Monsignor Laerza. Il personaggio che ha ispirato “’o Baffo” la scrittrice Livia Cipriano lo ha clamorosamente presentato in “carne ed ossa”, anzi per meglio dire in “baffi, carne ed ossa” durante la presentazione del suo ultimo libro, venerdì 20 dicembre, nella saletta al primo piano del bar “Delirum”. Ai lettori, alla fine del romanzo, rimane un percorso “scavato” nel tracciato del noir, fatto di luoghi e personaggi identificabili nel vissuto, mentre altri lo sono meno. Altri ancora, come le vittime del Monsignore assassino, resteranno probabilmente anonimi come i loro “peccati” nonostante i loro profili (e relativi vizi capitali) diventino argomento di cronaca.