Pompei, il restauro della Casa dell’Efebo: «Nessun danno agli affreschi del triclinio estivo»
POMPEI. «Nessun danno agli affreschi del Triclinio della Casa dell’Efebo». Lo precisa il Parco archeologico di Pompei in una nota che fa seguito alla pubblicazione della relazione speciale 08/2020 della Corte dei Conti Europea “Gli investimenti dell’Ue nei siti di interesse culturale meritano maggiore attenzione e coordinamento”, nella quale la Casa dell’Efebo a Pompei è richiamata come un esempio di “scarsa attenzione prestata agli aspetti culturali dei siti europei”.
La disputa ruota intorno alla collocazione di una teca in policarbonato a protezione del triclinio estivo della domus che, secondo la Corte dei Conti europea, non sarebbe stata installata nei tempi previsti: un ritardo che avrebbe – secondo la tesi dell’istituzione comunitaria – prodotto danni alla struttura antica.
Una tesi rispedita con decisione al mittente dal Parco archeologico di Pompei, che fa sapere «di non condividere il rilevamento di danni al triclinio della Casa dell’Efebo» e che «la teca in policarbonato a protezione delle pitture ad affresco non era stata installata al termine dei lavori sulla base di specifiche valutazioni tecniche». La struttura in policarbonato, inoltre, non rientrava nel progetto realizzato con fondi europei.
Sulla questione il Parco fa sapere anche di aver inviato già lo scorso 29 gennaio 2020 una nota di osservazioni indirizzata ai referenti della Corte dei Conti Europea, incaricati del monitoraggio dell’attività della Commissione Europea anche nel sito di Pompei, in risposta a loro richiesta di chiarimento.
Il restauro della domus dell’Efebo è stata oggetto di due interventi in successione. Il primo è rappresentato da un intervento architettonico strutturale, avvenuto nel 2012 e realizzato con fondi ordinari del Parco. Tale progetto aveva anche previsto, per i paramenti decorati del triclinio estivo, la ricostruzione della struttura di copertura (realizzata in ferro del dopoguerra e totalmente ossidata) con una pergola in legno marino e copertura in lastre in policarbonato.
Inoltre è stata prevista l’eliminazione delle vetrate che inglobavano i letti in muratura affrescati, da sostituire con protezioni in policarbonato, al termine del successivo restauro delle decorazioni pittoriche e pavimentali. Questo secondo intervento, è stato avviato nel 2015, nell’ambito del Grande Progetto Pompei.
Al termine del restauro, però, si è ritenuto opportuno lasciare libere le superfici dipinte del triclinio e non installare la teca (realizzata già nel 2012 con fondi ordinari) in base ad alcune considerazioni: la possibile formazione tra le lastre e i letti in muratura di uno strato di condensa che avrebbe potuto generare patine ed efflorescenze sugli affreschi; la presenza della nuova copertura in legno e lastre in policarbonato come presidio alle acque piovane; nonché il continuo e costante monitoraggio dei restauratori di Ales all’interno della Domus, ai fini della manutenzione ordinaria.
Successivamente, considerato il grande afflusso di visitatori all’interno degli Scavi e nella Domus, al fine di scongiurare il possibile danno antropico dovuto al passaggio e alla sosta in prossimità delle strutture del triclinio estivo, è stata valutata l’effettiva utilità di applicare le lastre in policarbonato a protezione delle superfici dipinte.
«Spiace rilevare quanto questo episodio – si legge nella nota del Parco Archeologico di Pompei – possa mettere in cattiva luce il grande impegno e gli sforzi compiuti in questi anni per mettere in sicurezza e salvaguardare il sito di Pompei, con risultati che in più occasioni sono stati apprezzati».
«Per tale motivo il Parco archeologico – conclude la nota – ha inviato un’ulteriore relazione alla Corte dei Conti Europea, chiedendo di rivalutare le nostre osservazioni, alla luce delle comunicazioni già intercorse e avviare una formale e pubblica rettifica della relazione sul punto negativo in questione, tenuto conto che le considerazioni e valutazioni tecniche riportate nell’atto pubblicato recano un grave ed ingiustificato danno d’immagine al Parco Archeologico di Pompei e all’Italia».