La Supplica di maggio celebrata a porte chiuse: è la prima volta in 137 anni senza “concorso di popolo”
POMPEI. L’8 maggio non si era davvero mai vista una Pompei così, senza la folla consueta che accorreva, con ogni mezzo, tante volte a piedi dopo aver percorso migliaia di chilometri, fino al Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario.
La pandemia, provocata da un virus arrivato come una prova improvvisa e misteriosa, ha costretto all’assunzione di misure sanitarie finalizzate a contrastare il diffondersi di una malattia subdola. Ma, anche in un contesto storico così difficile, Pompei resta città della speranza.
Le porte del Tempio, cui guardano i fedeli di tutto il mondo, restano chiuse, le navate sono vuote come non era mai accaduto da 137 anni, ma la celebrazione “senza concorso di popolo”, presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza Episcopale Campana, e concelebrata dall’arcivescovo di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, è stata ugualmente seguita ovunque nel mondo attraverso la tv, la radio e i social network.
I fedeli non sono potuti essere fisicamente presenti, ma le mura del Santuario quasi si sono allargate e si sono estese fino ad abbracciare le case dei devoti di tutta l’Italia, dell’Europa, del mondo. Tutti presenti a Pompei in unione spirituale, accogliendo l’invito che Papa Francesco ha rivolto nell’udienza generale del 6 maggio scorso.
«Esorto tutti – ha detto il Santo Padre riferendosi proprio alla Supplica – ad unirsi spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione della Vergine Santa, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero».
La speranza di cui Pompei è simbolo trova la sua forza nella Madonna del Rosario. «Pompei – ha detto il Cardinale Sepe – è la casa di Maria. Questa casa, oggi, per le note ragioni, è vuota di folla ma piena, anzi strapiena, invasa in ogni angolo dal calore di una fede forgiata come non mai da una sofferenza imprevedibile e sconosciuta. Siamo sotto il manto di Maria, nel quale noi oggi deponiamo, tutte insieme, le nostre paure e le nostre speranze».
«La casa di Maria – ha aggiunto il porporato – è casa di Cristo, perché nella casa di Maria si parla di Cristo. E la parola qui, in questo Santuario, non è altro che preghiera. Così come la fede, che qui, ha per linguaggio le Opere, e per materia prima la carità, che ha portato il beato Bartolo Longo, un laico, a sfidare le epidemie del suo tempo».
Certo si vive un momento difficile della storia dell’umanità, in cui vengono meno «le armi fasulle delle nostre illusioni, quelle affilate dal nostro orgoglio e dalla nostra superbia» e in cui è essenziale dotarsi di «armi vere, e soprattutto delle armi giuste».
«Dobbiamo – ha detto il Presidente dei vescovi campani – affrontare una sfida più amara e difficile. L’epidemia, anzi la pandemia, di cui parliamo, non è più una metafora, bensì un nemico reale e spietato che ha colpito i più indifesi, seminando lutti in tutto il mondo e falcidiando in particolare la generazione degli anziani, portandosi cosi via un insostituibile patrimonio di esperienza e di memorie».
«E con gli anziani – ha continuato – una lunga scia di medici e operatori sanitari, uomini e donne di prima linea che, con vero eroismo, fino al sacrificio della loro vita, si sono presi cura dei contagiati. Ma come non ricordare i nostri sacerdoti, testimoni di una chiesa che può assoggettarsi a una distanza tecnica, ma che fa della effettiva vicinanza il principale segno della sua capacità di amare».
Il Santuario di Pompei, casa della Madonna, è definito dal cardinale «scuola di preghiera e cattedra del Rosario» ed è proprio da questo radicamento nella fede e nel dialogo continuo con Dio, attraverso Maria, che nasce l’esigenza di amare l’altro in modo concreto, soprattutto soccorrendo i più deboli. È l’impegno del Santuario, ma anche di tutte le diocesi campane.
«Siamo qui, oggi – ha detto ancora il cardinale Sepe – nel luogo e nel posto giusto anche per rinnovare il nostro impegno, e quello di tutta la chiesa campana, per una solidarietà senza riserve e senza risparmio. A piene mani e vorrei dire soprattutto a pieno cuore perché è questo il tempo in cui la chiesa si sente compromessa. Questa emergenza ci pone non solo davanti a tempi difficili, ma anche a domande inquietanti, alle quali non è più possibile negare risposte».
E sul tema della solidarietà e del ruolo, anche sociale, del Santuario e della Chiesa, si è soffermato anche monsignor Tommaso Caputo, prelato di Pompei. «Anche il Santuario di Pompei – ha spiegato – da sempre al servizio dei fratelli più bisognosi, ha proseguito nel proprio impegno di carità, nel rispetto delle norme».
«I nostri Centri diurni – ha spiegato il prelato – affidati alle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e ai Fratelli delle Scuole Cristiane, pur non potendo più ospitare le centinaia di ragazzi e ragazze, mantengono vivi i rapporti con loro, ispirando fiducia e speranza, senza menzionare il dono di beni di prima necessità per un sostentamento anche economico».
«La mensa dei poveri – ha proseguito Caputo – intitolata a Papa Francesco e gestita dall’Ordine di Malta, non ha mancato di fornire ai suoi assistiti pacchi di viveri e nei prossimi giorni inizierà la consegna del cibo da asporto. E anche nell’emergenza la vita ci fa doni inaspettati. Come la bimba, di appena tre giorni, che è stata affidata l’8 marzo a una delle nostre cinque case famiglia presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II”, all’inizio dell’emergenza. L’abbiamo accolta come una carezza della Madonna! Sta bene e cresce con gli altri bambini, come in una vera famiglia».
E così proseguono le attività di “Casa Emanuel”, che accoglie donne sole, gestanti e madri con bambini, della “Comunità Incontro”, centro per il recupero dei tossicodipendenti, e del Centro di Aiuto alla Vita. Ed è grande l’impegno del Consultorio familiare diocesano e della Confraternita di misericordia. «La carità – ha quindi concluso monsignor Caputo – non si ferma!».
Come detto, malgrado la celebrazione a porte chiuse, è stata seguita da milioni di persone attraverso la trasmissione di Tv2000, l’emittente televisiva della Cei, e di Canale 21, che da decenni manda in onda la diretta del rito della Supplica (a cui si è collegata anche Maria Vision, un’emittente televisiva messicana).
In migliaia, poi, hanno scelto di seguire la celebrazione della Messa e la recita della preghiera attraverso la pagina Facebook ufficiale del Santuario, che ha superato le 7 mila visualizzazioni, e dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei. Tanti altri ancora hanno ascoltato la Supplica per radio, collegandosi alle frequenze delle emittenti InBluradio e Radio Mater.