Thalassa, la mostra del Mann raccontata in un documentario e in una raccolta di saggi
NAPOLI. Cosa accomuna un’impegnativa raccolta di saggi (300 pagine e oltre 400 illustrazioni) ed un suggestivo trailer di un documentario? Di certo il viaggio di scoperta della mostra “Thalassa, meraviglie sommerse dal Mediterraneo”, in proroga al Museo Archeologico Nazionale di Napoli sino al 31 agosto 2020.
Nei giorni scorsi, al Mann, Paolo Giulierini (direttore del Museo), Salvatore Agizza e Luigi Fozzati (curatori dell’esposizione), Cherubino Gambardella e Simona Ottieri (responsabili dell’allestimento), Antonio Longo (direttore del documentario dedicato all’exhibit) hanno ripercorso, in diretta Facebook, le caratteristiche di un progetto scientifico che non si ferma al momento espositivo, ma scommette su diversi strumenti della comunicazione per narrare il Mare Nostrum.
Agli esperti, naturalmente, è destinata la silloge scientifica, edita da Electa a completamento del ciclo di pubblicazioni già lanciate con la guida breve; tante le tematiche affrontate nel corposo volume: dall’archeologia subacquea alla geologia marina, dai musei del mare alla storia della navigazione, dai commerci alla pirateria, dalla vita di bordo all’esistenza ai margini del Mediterraneo, dalla storia alla mitologia.
E se la mostra ha scommesso sulle nuove generazioni con l’originale racconto illustrato “Thalassa, tra mare e stelle” (ideazione: Servizi Educativi del Mann), è il documentario, di cui è stato presentato il trailer, un nuovo spazio di approfondimento sulle avventure, storiche e moderne, dell’archeologia subacquea.
Diretto da Antonio Longo e scritto dallo stesso Longo a quattro mani con Salvatore Agizza, il documentario “Thalassa, il racconto” (uscita prevista entro il 2020) è un’occasione per ripercorrere le emozioni degli scavi subacquei nel Mediterraneo, anche grazie alle nuove frontiere di ricerca in acque profonde.
Se i filmati delle Teche Rai ricostruiscono l’esperienza dei pionieri novecenteschi dell’archeologia subacquea, è il ricordo di Sebastiano Tusa, promotore della mostra scomparso tragicamente nel marzo 2019, a narrare quanto la ricerca abbia bisogno di grandi maestri per segnare nuovi traguardi.