Pompei, le aziende che non ci sono più: la storia mai raccontata dell’Albergo Ristorante d’Italia
POMPEI. L’Albergo e Ristorante d’Italia fu sicuramente una bellissima realtà economica di ristorazione e accoglienza, nata intorno alla basilica edificata in onore della Madonna del Rosario da Bartolo Longo a Valle di Pompei.
La struttura nacque sicuramente nei primi anni del Novecento. In principio vi erano solo due o tre stanze al piano terra adibite ad osteria, poi alla fine della Prima Guerra Mondiale, intorno al 1918, fu ampliata con il primo piano e completata, diventando attività alberghiera.
Lo stabile (nella prima foto della gallery e nell’immagine di copertina), situato nell’angolo orientale, sorgeva quasi a ridosso della primitiva Basilica, da cui era separato soltanto dalla via Parrocchia (una stradina larga non più di 5 metri, con fondo in terra battuta che dirigeva alla parrocchia del Santissimo Salvatore per terminare al passaggio a livello di via Nolana).
Elegante ed imponente, era caratterizzato ai piani superiori dalla presenza quasi stabile di una bandiera italiana al vento ed era formato al piano terra da diverse sale, dove trovavano dimora un ristorante, un bar ed una sala lettura, adatta a consentire ai pellegrini di sedersi per poter scrivere una cartolina, una lettera o magari un ricordo della fantastica esperienza vissuta all’interno del Santuario mariano.
Il primo piano era interamente destinato ad attività di albergo e gestito dal proprietario, il signor Ferdinando Vitiello fu Angelo. Dalle mie ricerche posso sicuramente stabilire che, per quanto riguarda il ristorante, il signor Ferdinando decise di formare una società con il signor Federico Avino e dal loro sodalizio nacque un ristorante di qualità adibito anche a banchetti e cerimonie.
Questo lo testimoniano le tovaglie di lino ricamate con le iniziali dell’albergo e soprattutto la posateria in argento (nelle foto 2 e 3 della gallery).
Il signor Ferdinando, padre di Angelo, Alfredo e Amelia Vitiello, era il fratello di Maria Vitiello, morta prematuramente, prima moglie di Francesco Iozzino, armiere ed elettricista del Santuario, titolare della proprietà alle spalle dell’Albergo, padre dei fratelli Arturo e Umberto (nella prima foto si osserva sul lato destro dell’albergo il loro negozio di lavorazione quadri religiosi).
Dai racconti si dice che la sala lettura si trovasse talmente tanto a ridosso del Santuario, che più volte il commendatore Bartolo Longo si recava da Don Ferdinando per dirgli di chiudere una delle due porte della sala, per evitare che i pellegrini entrassero dalle porte laterali e non per la porta principale del tempio religioso.
Pochi anni prima del 1930 l’albergo fu espropriato e demolito insieme al suo fantastico giardino (oggi parte integrante del Santuario, sul lato di via Piave) per ottenere spazio a vantaggio dell’ampliamento della piccola piazza antistante il Santuario (foto 4).
È giusto ricordare che proprio in quegli anni, per la costruzione della piazza, si dovettero affrontare i più dolorosi sacrifici, quali ad esempio la demolizione dell’antichissima Taverna di Valle e della casa di Bartolo Longo. Ma non tutto è scomparso.
Se avete voglia di tornare indietro nel tempo e vivere ancora nel fascino di quegli anni vi basterà entrare nel viale del Santuario dove benedicono le auto e toccare con un dito la pietra lavica sulla fontanina con l’effige della Madonnina del Rosario (foto 5). Sapete perché? Si dice che quella pietra sormontava il forno del ristorante di Don Ferdinando!
Ringrazio la signora Antonia Vitiello, titolare dell’omonima gioielleria “Lina Vitiello” e nipote di Don Ferdinando: uno spiraglio di luce in fondo al tunnel buio delle ricerche.