Vaccino anti-Covid, il racconto della pneumologa di Pompei: «Fortunata ad essere tra i primi»
POMPEI. La strategia di contrasto alla pandemia da Covid-19, sembra essere finalmente arrivata ad un punto di svolta. Domenica 27 dicembre 2020 è stato infatti il “V-day” in tutta Europa, ovvero l’avvio simbolico della campagna di vaccinazione di massa contro il virus Sars-CoV-2.
Anche in Campania per il via alla campagna vaccinale (Pfizer/BionTech) sono state attivate sette postazioni in altrettanti ospedali: Cotugno, Cardarelli, Ospedale del Mare (Napoli); San Sebastiano (Caserta), Moscati (Avellino), San Pio (Benevento), Ruggi d’Aragona (Salerno).
In ogni presidio, a partire dalla mattinata, sono state somministrate le 100 dosi di vaccino previste, a operatori sanitari e medici ancora oggi in prima linea nella lotta al Covid.
Mariasole Porzio, 30 anni, nata e cresciuta a Pompei, ma attualmente residente a Portici, lavora come pneumologa presso l’ospedale Cardarelli di Napoli: è stata tra le prime persone vaccinate in Campania e in Italia contro il Covid-19 e in questa intervista racconta la sua esperienza e le emozioni del momento.
Dopo quasi un anno di pandemia, che effetto ti ha fatto essere tra le prime persone in Campania, in Italia (e in Europa) a ricevere il vaccino? A cosa hai pensato proprio nel momento dell’iniezione?
«È stata un’emozione indescrivibile e mi sono sentita “fortunata” ad essere tra i primi. Al momento dell’iniezione ho sperato fortemente funzionasse, per me e per tutti quelli che lo faranno».
Che sensazione “fisica” ti ha fatto invece il vaccino? A distanza di 24 ore che effetto fa?
«In molti mi hanno chiesto come mi sentissi ieri sera. Nessun effetto particolare, niente febbre, niente mal di testa e cose del genere. Un leggero indolenzimento in corrispondenza del sito di iniezione, ma è del tutto normale».
Pensi che la fine di questa pandemia sia ora effettivamente più vicina?
«Non lo so. Se il vaccino dovesse funzionare, cominceremmo a sperare nella fine, nella famosa luce in fondo al tunnel».
Nonostante tutto quello che è accaduto in Italia e nel mondo in questi ultimi mesi, ci sono ancora persone che dicono di non volersi vaccinare. Cosa vorresti dire loro?
«Non condivido il loro pensiero. Vaccinarsi è un atto di responsabilità e di civiltà. Al momento è l’unica soluzione per uscire fuori da quest’incubo. Quando avrete la possibilità di farlo, vaccinatevi! Per voi e per gli altri!».
Tu lavori in prima linea nella lotta al Covid. Quando tutto questo sarà finito, quale sarà l’immagine che ti resterà per sempre di questa esperienza?
«Di immagini brutte ne ho tante impresse nella mente. Noi medici e tutti gli operatori sanitari siamo esausti, e non di lavorare, ma esausti di tutta la sofferenza che ogni giorno viviamo».
Nella “prima ondata” della pandemia i sanitari sono stati definiti eroi, nella seconda spesso sono stati anche aggrediti o insultati. Qual è stata la tua esperienza al riguardo?
«È vero, è così. Io capisco tutto: la paura, la rabbia, il nervosismo. Ma è ignobile quello che accade nei nostri ospedali, soprattutto nei pronto soccorso. Proprio qualche settimana fa una nostra infermiera al pronto soccorso del Cardarelli è stata brutalmente aggredita. Fortunatamente i nostri pazienti e i loro familiari hanno sempre apprezzato il nostro lavoro e ci ringraziano tutti i giorni. In ogni caso non siamo eroi, facciamo solo il nostro lavoro, che in questo periodo è sotto i riflettori, ma è quello che facciamo sempre».
Come consideri la tua professione dopo l’esperienza della pandemia?
«Sono cresciuta tantissimo professionalmente. La pneumologia, che è la mia specializzazione, è stata rivalutata e ci si è accorti della carenza di personale e di reparti dedicati. Inoltre, qui al “Cardarelli” e al reparto Covid ho trovato una equipe fantastica, di medici, infermieri e operatori sanitari».
Mariasole è consapevole che la battaglia contro il Covid-19 non è ancora finita. Anche durante le festività natalizie è stata e sarà in prima linea, in corsia, come tanti altri suoi colleghi, a combattere questo nemico invisibile, sempre al fianco di chi lotta per guarire e vincere la malattia.