Il fascino dei gioielli antichi: prorogata la mostra Venustas nella Palestra Grande di Pompei
POMPEI. Lasciarsi affascinare da oggetti straordinari come gioielli, ornamenti per abiti, oppure specchi, contenitori di profumo, o ancora amuleti, statuette dedicate agli dei è uno dei motivi per visitare Pompei.
È stata infatti prorogata per altri sei mesi (fino al 31 luglio 2021) “Venustas”, la mostra che racconta, attraverso oggetti di vezzo e di moda, quello che era l’ideale di perfezione e bellezza nell’antichità, così com’erano concepite a Pompei e nei centri vesuviani.
L’esposizione allestita nel portico occidentale della Palestra Grande e partita il 31 luglio 2020, inizialmente era programmata fino al 31 gennaio 2021, ma la chiusura di oltre due mesi del Parco archeologico, imposta a causa della pandemia, ha fatto sì che questi tesori rimanessero in esposizione per più tempo, per offrire a più persone la possibilità di ammirarli in un’occasione unica.
Non a caso “Venustas” è la parola latina che indicava l’attrazione, il fascino e, per estensione, la bellezza, la grazia, l’eleganza: si tratta di ideali ricercati e ambiti in ogni epoca, in particolare dal mondo femminile, che in questa mostra prendono una forma concreta e si manifestano attraverso oggetti straordinari ritrovati, nel corso dei decenni, a Pompei e nel vesuviano.
Un’immersione in quelli che erano i canoni e i gusti estetici delle popolazioni dell’area vesuviana in epoche antiche (dall’VIII-VII secolo a. C. al I secolo d. C.), sulla base dei reperti, circa 300, rinvenuti nei vari siti del Parco Archeologico di Pompei: il villaggio protostorico di Poggiomarino, le necropoli protostoriche di Striano e quella di Età Arcaica di Stabia, i santuari di Pompei e di Stabia, le ville di Oplontis e Terzigno, ed infine l’abitato dell’antica Pompei ed il suo circondario.
Uno sguardo a un aspetto della vita quotidiana delle epoche passate, quello della bellezza e della gioia di vivere, interrotta con violenza dalla furia del Vesuvio. La mostra, organizzata dal Parco archeologico di Pompei, è suddivisa in 19 vetrine che seguono un excursus cronologico.
Si parte dal sito di Longola (Poggiomarino) dove sono esposti gli ornamenti tipici di un abitato protostorico, dall’età del Bronzo (XV secolo a.C.) all’età del Ferro (VIII – VII secolo a.C.): spilloni e spille in osso, ambra e bronzo, con una particolare attenzione all’ambra e alle decorazioni con forme di animali, che ne testimoniavano il valore di amuleti contro la malasorte.
Seguono i reperti legati alla cosmesi e all’ornamento, rinvenuti nelle tombe femminili della necropoli protostorica di Striano (VIII-VII secolo a.C.). Per poi passare agli ornamenti dell’età arcaica e classica a Stabia (necropoli di Santa Maria delle Grazie) con i vari oggetti rinvenuti nelle tombe femminili del VI e V secolo a.C., come fibule e suppellettili che accompagnavano la defunta nell’aldilà.
A partire poi dal I secolo d.C., grazie ad alcune leggi promulgate da Augusto nel 9 d.C. che concessero la libertà di gestire il patrimonio alle spose fedeli e fertili, la donna romana divenne più attenta alla cura del proprio aspetto e cominciò ad ornarsi di gioielli, trucchi, profumi e vesti preziose.
Nelle vetrine successive sono quindi esposti gioielli e profumi dedicati agli dei, come ex voto, per chiedere protezione o statuette di divinità ornate di gioielli; oggetti per l’igiene (le pinzette, i bastoncini in bronzo e osso per pulire le orecchie), veri e propri set da bagno (lo strigile, le boccette con l’olio); gli oggetti da toeletta delle donne, come pissidi in osso e bronzo (contenitori per creme e trucchi), con spatole e cucchiaini per amalgamare e spalmare le sostanze cosmetiche.
Non mancavano i profumi, il cui uso risale all’Egitto faraonico, noto centro di produzione e esportazione, a cui si affiancavano Napoli, Capua, Paestum e, in misura minore, la stessa Pompei. Il costo delle essenze era molto elevato e il profumo divenne simbolo di lusso ed esibizione di status sociale.
E poi il simbolo della vanità per eccellenza: lo specchio. Per rimirarsi le fanciulle pompeiane utilizzavano bellissimi specchi d’argento e bronzo dalle forme particolari. Vengono presentati vari strumenti femminili per l’estetica provenienti da tre case: la Casa di Helvius Severus, la Casa della Venere in bikini, nota per la statuetta omonima di Venere, la Casa di L. Caelius Ianuarius.
Non da meno sono i tantissimi ori provenienti da Pompei: anelli, orecchini, bracciali, armille (bracciali portati sul braccio o sull’avambraccio) e collane. Tra i bellissimi esemplari di oro, ve ne sono alcuni ritrovati sul corpo delle vittime, come l’armilla di una donna rinvenuta nella Casa del Bracciale d’oro, o quella con la scritta “Dominus ancillae sua” (che significa: “Il padrone alla sua schiava”) da Moregine, alla periferia meridionale di Pompei.
Fuori vetrina sono esposte anche alcune sculture: la statuetta della dea Venere, la statua delle muse Polymia (musa della poesia sacra) ed Erato (musa della poesia amorosa), che uniscono alla bellezza del fisico la “bellezza” della mente. È esposto, inoltre, un affresco pompeiano con una figura femminile alata riccamente ingioiellata.
Conclude la mostra – come monito della caducità dell’esistenza e del valore effimero del lusso – il calco di una giovane vittima pompeiana: la sfortunata ragazza fu rinvenuta nel 1875 a Pompei lungo la via Stabiana mentre tentava di sfuggire alla morte.
In linea con il tema della mostra si inserisce anche la visita alla Casa degli Amanti, che prende nome dal verso inciso in un quadretto, rinvenuto nel portico del giardino: Amantes, ut apes, vitam melitam exigunt (ovvero: gli amanti conducono, come le api, una vita dolce come il miele).
L’accesso alla mostra, aperta fino al 31 luglio 2021, potrà avvenire nel pieno rispetto delle indicazioni sanitarie del Ministero della Salute, rispettando la distanza fisica di 1,50 metri al chiuso e l’uso della mascherina che resta obbligatorio nei luoghi chiusi e negli spazi affollati.