I bombardamenti del 1943 su Pompei. Quando Maiuri tentò di scongiurare la pioggia di ordigni
POMPEI. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale divenne sempre più incombente l’esigenza di difendere, anche in via preventiva, l’area archeologica di Pompei e gli splendidi reperti recuperati negli anni da potenziali ripercussioni derivanti da operazioni belliche.
Le minacce, in effetti, si concretizzarono a partire dal 24 agosto 1943 per intensificarsi poi a partire dal 9 settembre successivo, quando la Royal Air Force (Raf), la flotta aerea inglese, diede inizio ad un massiccio bombardamento per favorire lo sbarco dei soldati Anglo-americani a Salerno.
L’allora soprintendente e direttore degli Scavi di Pompei, Amedeo Maiuri, fece tutto il possibile per evitare che gli ordigni sganciati dal cielo dai velivoli Alleati finissero sulle rovine archeologiche. La convinzione degli Anglo-americani era che all’interno città antica si nascondessero le truppe tedesche.
Per questo Maiuri si recò perfino di persona al drappello di soldati tedeschi di stanza vicino agli Scavi (il vero obiettivo del bombardamento Alleato e l’unica vera presenza del Terzo Reich nei pressi dell’are archeologica) chiedendo che si allontanassero dalla città antica. Ma tutto fu vano e durante la notte del 13 settembre, con due incursioni, i bombardieri sganciarono lasciarono cadere al suolo una pioggia di bombe.
L’obiettivo era la postazione tedesca situata presso le mura degli Scavi ma il risultato fu la distruzione di parte delle Terme, della casa della Regina Margherita, degli edifici dei servizi con l’officina dei restauri, del Tempio di Apollo, dei Granai, del Foro e con esso anche di varie case e blocchi di insule vicine.
Da quel giorno le incursioni sull’area divennero quotidiane e nella successiva notte del 14-15 settembre 1943, gli aerei colpirono ancora il Foro, la Taberna, la casa di Apollo.
Lo stesso Maiuri, mentre tentava di raggiungere Napoli, sul ponte della Gatta tra Torre Annunziata e Torre del Greco, fu ferito ad una gamba durante un mitragliamento a bassa quota. Per due mesi, di conseguenza, rimase ricoverato presso l’ospedale di Torre del Greco, lasciando totalmente esposta l’area degli Scavi.
I bombardamenti continuarono fino al giorno 26, dove a farne le spese furono, tra gli altri, la casa dei Gladiatori, la casa del Labirinto, degli Amorini e del Centauro e parte dell’Anfiteatro.
In totale su Pompei caddero 162 bombe sganciate dai mezzi militari Alleati che danneggiarono, in alcuni casi in modo irreparabile, diversi edifici antichi, le cui macerie furono oggetto di molteplici scatti fotografici che lo stesso Maiuri commissionò e che sono stati fondamentali per la successiva ricostruzione degli stessi.
Le foto sotto (fonti: Parco Archeologico di Pompei/Luigi Ametrano) sono una straordinaria testimonianza storica di quei momenti drammatici e documentano come si presentavano molti edifici di Pompei dopo essere stati colpiti dagli ordigni bellici.
La scrittrice e studiosa Ingrid Rowland nel libro “From Pompeii”, pubblicato dalla Harvard University Press, scrisse di Maiuri: «Don Amedeo è stato fermo nella difesa dell’antica città come il leggendario soldato».
Il riferimento è alla leggenda della sentinella romana che nel 79 d.C. restò ferma al suo posto di guardia, incurante dell’eruzione vulcanica, fino a rimanere sepolta. Probabilmente questo eroico soldato in realtà non è mai esistito, ma il suo mito ha ispirato pittori e scrittori, da John Edward Poynter a Mark Twain.
Purtroppo l’impegno di Maiuri non servì ad evitare la pioggia di bombe su Pompei. Possiamo solo ricordare che egli definì «funesto e innaturale» lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e dal 1942 iniziò a darsi da fare per proteggere la “sua” Pompei dalle minacce del conflitto, facendo sistemare sacchi di sabbia e trasferendo piccoli oggetti in località remote.
Imponente, energico, carismatico, autorevole, poetico: sono solo alcuni degli aggettivi usati per descrivere la figura del grande archeologo che tentò in tutti i modi possibili di preservare il grande patrimonio archeologico che tutto il mondo ci invidia.
Abbiamo la fortuna di avere a Pompei, presso Palazzo De Fusco, la casa comunale, la sua prestigiosa biblioteca: un fondo librario composto da circa 2.000 volumi, 1.700 estratti e 200 opuscoli, concernenti, nella maggior parte dei casi, discipline come letteratura classica, storia antica, arte e archeologia.
La speranza è che l’ente comunale possa nel tempo preservare e rendere più fruibile questo fondo inestimabile, dando la possibilità alle nuove generazioni di studiarne i contenuti e di comprendere il grandissimo amore che Maiuri provava per l’archeologia e gli Scavi di Pompei.