Pompei, è effetto Covid: nel 2020 solo 565mila visitatori. Gli ingressi crollano dell’85 per cento
POMPEI. Nel 2020, che sarà ricordato per sempre come l’anno della pandemia di Covid, i visitatori dell’area archeologica di Pompei sono stati poco meno di 565mila, vale a dire circa l’85% in meno rispetto all’anno precedente, quando gli ingressi volarono sopra i 3,8 milioni di unità.
Un dato, quello di Pompei, lievemente superiore alla media nazionale: secondo i dati recentemente diffusi dal Ministero dei Beni Culturali, infatti, è stato del 75% il calo medio dei visitatori dei musei statali nel 2020 rispetto al 2019. Il dato ha determinato un forte e corrispondente decremento degli incassi: dai 240 milioni di euro del 2019 ai 60 milioni del 2020.
Bisogna premettere che il confronto tra il 2019 e il 2020, per i motivi noti a tutti, non può avere nessun senso sotto il profilo dell’appeal turistico di un luogo, e men che meno di un luogo come Pompei, ma quanto meno serve a restituire l’idea dell’impatto che la pandemia ha avuto su uno dei maggiori luoghi culturali del mondo e su un settore, quello dell’industria del turismo, quasi completamente cancellato dal Covid, a Pompei come altrove.
Quindi scendendo nel dettaglio dei numeri, anche se per puro esercizio di stile, i dati ufficiali del Parco Archeologico di Pompei indicano in 564.941 i biglietti staccati in tutto il 2020: meno del 15 per cento rispetto ai 3.805.094 tagliandi di un anno prima.
Ma nella lettura di questo dato bisogna considerare prima di tutto che, a causa dell’epidemia da coronavirus, il sito è stato chiuso complessivamente per ben 135 giorni (praticamente per circa quattro mesi e mezzo): dall’8 marzo al 25 maggio e poi dal 6 novembre al 31 dicembre 2020.
Addirittura i giorni di chiusura “causa pandemia” arrivano a 152 se si considerano anche i primi 17 giorni di quest’anno (Pompei ha riaperto i battenti lunedì 18 gennaio 2021, dopo la chiusura imposta dal Governo il 5 novembre 2020).
Il dettaglio dei numeri conferma inoltre che l’interruzione dovuta al Covid ha fermato Pompei mentre il sito era in piena ascesa: lo dicono gli ingressi registrati a gennaio e febbraio 2020, mesi di bassa stagione, se confrontati con gli stessi mesi del 2019, che è stato per il sito “l’anno dei record”.
A gennaio, infatti, erano stati registrati 115.791 visitatori contro i 106.290 del 2019 (+1,08%); a febbraio 117.357 a fronte dei 112.573 di un anno prima (+1,04%): insomma tutto lasciava presagire che nel corso dell’anno Pompei avrebbe abbattuto il “muro” dei 4 milioni di ingressi.
Ma ovviamente nessuno aveva fatto i conti con il coronavirus. A marzo hanno fatto in tempo a entrare, nell’unica settimana di apertura, prima della chiusura imposta dalle autorità sanitarie e dal Governo, appena 12.116 persone. Ad aprile, probabilmente nella prima volta nella storia del sito, la casella segna 0 ingressi: solo un anno prima erano stati 457.941, record mensile assoluto per Pompei.
Gli Scavi riaprono solo il 26 maggio 2020 e in cinque giorni entrano 1.915 visitatori. Il Parco offre itinerari tematici nel verde, percorsi differenziati e varie misure anti-Covid. Seguono, poi, cinque mesi di apertura stabile. I numeri segnano una crescita costante, ma sono ovviamente molto lontani da quelli cui Pompei è abituata. Eccoli: 19.253 a giugno (ma un anno prima erano stati 430.505), 55.863 a luglio (449.711 nel 2019), 126.873 ad agosto (contro 431.275), 76.327 a settembre e infine 38.468 a ottobre (rispettivamente, nel 2019: 413.950 e 415.075).
E si arriva, così, alla seconda chiusura obbligatoria imposta dalla seconda ondata di Covid: nei primi 5 giorni di novembre entrano 978 visitatori. Saranno loro gli ultimi fortunati a vedere Pompei nel 2020. La situazione sanitaria, infatti, ha fatto rimandare la riapertura direttamente al 18 gennaio scorso.
Come anticipato, quindi, la riduzione degli ingressi dovuta alle conseguenze della pandemia di Covid è stata almeno dell’85%: è possibile dunque immaginare, per il Parco Archeologico di Pompei, una riduzione anche degli incassi di pari importanza.
Altrettanto facile è immaginare la ricaduta economica che questa situazione ha avuto (mentre l’impatto sociale deve ancora dispiegarsi compiutamente) sul tessuto imprenditoriale locale che, più o meno direttamente, lega la sua ragion d’essere alla presenza dei turisti e dei visitatori sul territorio. Milioni di euro in fumo, serrande abbassate e povertà latente sono solo la punta dell’iceberg che si staglia all’orizzonte.
Tornando all’analisi più strettamente numerica, va detto che la crisi ha coinvolto anche i cosiddetti “siti minori” che rientrano sotto la competenza amministrativa e scientifica del Parco Archeologico di Pompei. Ad Oplontis i visitatori della Villa di Pompei si sono ridotti da 54.594 a 9.192; al Museo di Boscoreale da 13.895 a 3.991; a Stabia (Villa San Marco e Villa Arianna) da 52.033 a 15.654.
Tra tanti segni negativi c’è però anche un segno positivo: è quello della “new entry“, il Museo Archeologico “Libero D’Orsi” inaugurato solo lo scorso 25 settembre 2020 e che raccoglie, nella sede museale della Reggia di Quisisana (a Castellammare di Stabia) le preziose testimonianze storiche dell’antica Stabia. In circa 40 giorni di apertura – prima che la scure della seconda ondata di Covid si abbattesse nuovamente sui luoghi culturali – ha fatto registrare 1.045 ingressi.
Nel 2021, come detto, il Parco Archeologico di Pompei (e i siti di sua pertinenza), ha scontato soltanto 17 giorni di chiusura (fino al 17 gennaio). L’entità degli ingressi è però ancora molto bassa, stante anche il divieto di spostamento tra Regioni italiane, così come previsto dalle ultime misure governative ancora in vigore. Se la situazione epidemiologica lo permetterà i numeri potrebbero tornare a crescere, anche se saranno ancora molto distanti da quelli del 2019, “l’anno dei record” per Pompei.