Omero, Iliade. Le opere del Mann tra le pagine di Alessandro Baricco
NAPOLI. Un viaggio tra archeologia e letteratura: è il fil rouge della mostra “Omero, Iliade. Le opere del Mann nelle pagine di Alessandro Baricco” in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 10 gennaio 2022. Il percorso, allestito nelle sale della Farnesina, intreccia la rappresentazione iconografica di 15 reperti (databili tra VI e IV secolo a.C.) alla scrittura del celebre autore torinese.
Cinque le sezioni per definire un suggestivo dialogo tra tradizione letteraria e iconografica: Omero, Iliade: un’epopea umana; Il racconto della guerra; Le donne di Omero; La morte di Patroclo e il ritorno di Achille in battaglia; L’ultima notte di Troia.
Apre l’allestimento il busto di Omero in marmo pentelico (Collezione Farnese, II secolo d.C.) che, nei primi giorni di programmazione della mostra (inaugurata il 9 settembre 2021), ha compiuto un “viaggio simbolico” per essere esposto nella Cappelletta di Terra Murata a Procida in occasione della rassegna MarEtica: un trait d’union per valorizzare cultura e patrimonio del Mediterraneo, in un ideale avvicinamento a “Procida Capitale della Cultura 2022”.
«L’incontro tra il Mann, Alessandro Baricco e Procida Capitale della Cultura – commenta il direttore del Mann, Paolo Giulierini – nasce da un linguaggio e sensibilità comuni: “Ripensare l’uomo partendo dal mare” è la bellissima definizione data alle giornate di Maretica dal suo ispiratore. Museo al centro del Mediterraneo, con lo stesso pensiero, il Mann ha costruito negli ultimi anni importanti progetti legati al mare come ponte fra le culture, ma anche alla storia delle contaminazioni che hanno generato la nostra civiltà, al valore dell’accoglienza».
«Lo abbiamo fatto – prosegue il direttore – a partire da Thalassa, una grande mostra, da Napoli alla Sicilia, che ha generato oggi la attiva rete dei “Mediterranei”. Un percorso nelle nostre sale che, passando dal Corto Maltese di Hugo Pratt alle storie degli emigranti del ‘900 alle scoperte archeologiche nel porto di Napoli, ci porterà alla realizzazione di una sezione dedicata al Mar Mediterraneo e ai suoi miti raccontati da reperti millenari, ma anche da scrittori antichi e contemporanei. Ringraziamo Alessandro Baricco per averci voluto accompagnare in questo viaggio tra Napoli e Procida e per aver costruito insieme a noi una mostra unica e preziosa, come le parole dei suoi libri».
È la figura di Omero a suggerire, in un certo senso, la natura composita di un itinerario raffinato, che, grazie alle parole di Baricco, svela legami con la sensibilità contemporanea. Ancora oggi non sappiamo con certezza se Omero sia realmente esistito, tuttavia, nella sua figura va certamente riconosciuta una grande personalità organizzatrice, in grado di selezionare e rielaborare, in chiave personale, miti e racconti della precedente tradizione epica.
Questa tradizione viene “riesaminata” da una prospettiva inedita che ribalta l’impostazione originaria del poema: nella sezione “Omero, Iliade. Un’epopea umana”, è ripresa l’idea dell’intellettuale torinese per cui è possibile provare a rileggere il poema senza le narrazioni che riguardano l’intervento degli dèi nelle vicende terrene. Lasciando agli uomini il “palcoscenico” della storia, è così più facile avvicinare l’opera alla vita del nostro tempo.
Fa da contraltare a questa attualizzazione, la scelta del secondo reperto in mostra: un cratere a calice attico a figure rosse con consesso di divinità, che nella società greca permeavano tutti gli aspetti della quotidianità. Il vaso, esposto per la prima volta in questa occasione, è attribuito al Pittore di Syriscos e risale al 470-460 a.C.
Naturalmente l’Iliade è celebre come il poema della guerra, una guerra aristocratica, scandita da rituali specifici e ben codificati. Il conflitto tra l’esercito acheo e quello troiano consente di raccontare armi e tecniche di combattimento, ruolo strategico dei capi ed assemblee dei combattenti, tipologia delle forze in campo, strategie di attacco e difesa.
Le battaglie campali si alternano ai duelli singoli, come quelli tra Paride e Menelao, Ettore e Aiace, Patroclo ed Ettore, Achille ed Ettore; ogni conflitto è sempre preceduto da preparativi solenni. In questa sezione dell’esposizione, sono presenti tre reperti: la coppa da vino con scene di combattimento tra opliti (ceramica cosiddetta calcidese, collezione Santangelo, 540 a.C.); il cratere a volute con scene di combattimento tra opliti con carri (ceramica attica a figure nere da Sant’Agata dei Goti, 520 a.C.); la coppa da vino con guerrieri che si preparano alla battaglia (ceramica attica a figure rosse da Vulci, 510-500 a.C., cerchia del Pittore di Epeleios).
L’allestimento prosegue con un focus sulle donne di Omero: Iliade e Odissea costituiscono la più antica testimonianza del ruolo femminile nel mondo occidentale. Nell’ambito della Grecia alto-arcaica, cui i poemi fanno riferimento, la donna doveva incarnare determinate virtù e attenersi ai rigidi codici comportamentali che la società del tempo imponeva.
Innanzitutto, una donna doveva essere bella: è la bellezza, infatti, la caratteristica principale sulla quale si sofferma Omero nella descrizione dei personaggi femminili, sottolineandone il fascino nell’aspetto e nell’abbigliamento.
Nei brani di Baricco selezionati per la mostra le donne acquistano “voce”, palesando la propria condizione di vittime di violenza: la bellezza diviene condanna. In esposizione, quattro reperti: la loutrophoros con figure femminili in un tempietto (vaso cerimoniale per riti matrimoniali o funerario, ceramica apula a figure rosse da Polignano a Mare – IV secolo a.C.); il cratere a campana con la nascita di Elena (ceramica di produzione campana a figure rosse da Caivano, 350-340 a.C.); lo stamnos (recipiente per trasporto e conservazione di liquidi) con rappresentazione di Menelao che insegue Elena (ceramica attica a figure rosse – 470-460 a.C.).
Umanità e passioni trionfano anche nella sezione dedicata alla morte di Patroclo e alla discesa di Achille in battaglia: qui è possibile ammirare, con un rimando ai testi selezionati e alla progressione narrativa del dramma, un’anfora a collo distinto con guerriero che si arma (ceramica attica a figure nere, da Cuma, fine VI secolo a.C.); due anfore a collo distinto con scene di combattimento tra guerrieri sul corpo di un caduto (ceramica attica a figure nere da Vulci, databili al VI secolo a.C.); il cratere a mascheroni con Achille che trascina il corpo di Patroclo (ceramica apula a figure rosse da Ruvo, 360-350 a.C.).
Si giunge così all’ultima notte di Troia, stabilendo una simmetria tra il destino di Ettore e la caduta della città: nella riscrittura di Baricco queste vicende vengono narrate attraverso l’adozione di un preciso espediente letterario: l’autore introduce, infatti, il personaggio di Demodoco, il vecchio cantore che, nell’VIII libro dell’Odissea, alla corte dei Feaci, canta alla presenza di Ulisse proprio della presa di Troia.
In questa sezione della mostra sono presentati tre reperti: un’anfora a collo distinto a figure nere e un cratere a mascheroni a figure rosse con la raffigurazione di Aiace che aggredisce Cassandra presso il tempio di Atena (la prima opera proviene da Vulci e risale al 520-510 a.C.; la seconda da Ruvo ed è databile al 360-350 a.C.); chiude l’allestimento un vaso attico a figure nere con raffigurazione di Enea che fugge da Troia insieme al padre Anchise (da Nola, 520-510 a.C.).
Il progetto scientifico dell’esposizione è a cura di Marialucia Giacco (Funzionario archeologo del Mann/Responsabile Ufficio Mostre Italia-Estero); la mostra è inserita nell’ambito del progetto Obvia – Out of boundaries viral art disseminantion (referente: Daniela Savy/Università degli Studi di Napoli “Federico II”), nel più ampio quadro di collaborazione culturale con Regione Campania, Comune di Procida e Procida Capitale della Cultura 2022.