A Civita Giuliana nuove scoperte. Franceschini: Pompei modello di studio unico al mondo
POMPEI. La villa suburbana di Civita Giuliana, contrada a nord di Pompei, continua a riservare sorprese. L’ultimo rinvenimento riguarda una stanza destinata agli schiavi che lavoravano nella dimora di periferia: qui, sempre nel quartiere servile, a partire dal 2017, sono già emersi un carro cerimoniale e una stalla con i resti di 3 equini, di uno dei quali è stato possibile realizzare il calco.
La “stanza degli schiavi” offre uno sguardo straordinario su una parte del mondo antico che normalmente rimane all’oscuro. Grazie allo stato di conservazione eccezionale dell’ambiente e alla possibilità di realizzare calchi in gesso di letti e altri oggetti in materiali deperibili, che hanno lasciato la loro impronta nella cinerite che ha coperto le strutture antiche, la stanza offre uno spaccato rarissimo della realtà quotidiana degli schiavi.
«Pompei è la prova che quando l’Italia crede in se stessa e lavora come una squadra raggiunge traguardi straordinari ammirati in tutto il mondo. Questa nuova incredibile scoperta a Pompei dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie».
Lo ha detto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, commentando la nuova scoperta annunciata ieri dal Parco Archeologico di Pompei, avvenuta a Civita Giuliana, la villa suburbana a nord di Pompei indagata dal 2017 e che ha già restituito un carro cerimoniale e una stalla con i resti di tre cavalli. «Grazie a questo nuovo importante ritrovamento si arricchisce la conoscenza sulla vita quotidiana degli antichi pompeiani, in particolare di quella fascia della società ancora oggi poco conosciuta. Pompei è un modello di studio unico al mondo», ha concluso Franceschini.
«Si tratta – ha detto il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all’élite, e che per questo rischiano di rimanere invisibili nei grandi racconti storici. È un caso in cui l’archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante».
«Quello che colpisce – ha proseguito il direttore – è l’angustia e la precarietà di cui parla questo ambiente, una via di mezzo tra dormitorio e ripostiglio di appena 16 metri quadrati, che possiamo ora ricostruire grazie alle condizioni eccezionali di conservazione create dall’eruzione del 79 d.C. È sicuramente una delle scoperte più emozionanti nella mia vita da archeologo, anche senza la presenza di grandi “tesori”: il tesoro vero è l’esperienza umana, in questo caso dei più deboli della società antica, di cui questo ambiente fornisce una testimonianza unica».
«Ancora una volta – ha dichiarato Massimo Osanna, direttore generale dei Musei italiani, sotto la cui direzione al Parco archeologico di Pompei sono state avviate nel 2017 le attività di indagine della villa subrurbana – uno scavo nato dall’esigenza di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico, in questo caso grazie ad una proficua collaborazione con la Procura di Torre Annunziata, ci permette di aggiungere un ulteriore tassello alla conoscenza del mondo antico. Lo studio di questo ambiente, che sarà arricchito dai risultati delle analisi in corso, ci permetterà di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative e di vita dagli schiavi a Pompei e nel mondo romano».