Boschi e popolazioni preistoriche: così il sottosuolo racconta la Pompei “prima di Pompei”
POMPEI. Cosa c’era a Pompei “prima di Pompei”? Prima, cioè, che nascesse e si sviluppasse, a partire dal VI secolo a.C., l’antica città che oggi tutti conoscono? A queste ed altre domande ha risposto in maniera esaustiva il sottosuolo di Pompei, quella parte di suolo, cioè, che si trova al di sotto delle strutture abitative conosciute e sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Ebbene, dallo studio preliminare della stratigrafia di Pompei, indagato in particolare al di sotto dell’insula dei Casti Amanti, come rivela il geologo Vincenzo Amato, è emerso che questa «era un’area boschiva, quindi un paesaggio completamente differente rispetto a quello urbano di Pompei. La presenza di materiali ceramici di età preistorica, inoltre, ci fa capire che l’area, nonostante fosse fittamente boschiva, era comunque frequentata da popolazioni preistoriche».
E non è tutto, perché procedendo a ritroso nel corso del tempo «sono state individuate altre eruzioni che precedono di millenni la frequentazione preistorica di questo sito e che – aggiunge Amato – potrebbero venire anche da altri apparati vulcanici, come per esempio quello dei Campi Flegrei, o da una sorta di “Vesuvio primordiale” che ancora dobbiamo individuare».
Il paesaggio di questa area, dunque, si è modificato molte volte. Prima della preistoria ciò è dovuto essenzialmente all’attività vulcanica di questo lembo di terra. Successivamente è stata la presenza antropica a incidere maggiormente sul paesaggio.
Il geologo Amato ha indagato il sottosuolo di Pompei nell’ambito del cantiere di restauro dell’insula dei Casti Amanti e in occasione della Giornata nazionale del paesaggio che si è tenuta nel marzo 2021 ha illustrato brevemente le prime risultanze di questo studio.
«In questo cantiere – ha spiegato l’esperto – si sono aperti ben 12 saggi, 6 nel vicolo ovest e 6 nel vicolo est, che hanno permesso di indagare tutta la storia stratigrafica del sito, fino al raggiungimento del banco lavico che costituiva in antico l’edificio vulcanico di Pompei». Si tratta, cioè, della prima forma di paesaggio distinguibile ancora oggi.
«Nonostante il ricoprimento avvenuto ad opera dei prodotti delle eruzioni più recenti, che hanno determinato la “scomparsa” di Pompei, alcune forme del paesaggio sono ancora ricostruibili» conferma Amato, che aggiunge: «Soprattutto la forma del cratere più grande di Pompei, che ha dato vita a queste manifestazioni laviche, che in questi saggi di scavo sono stati raggiunti e per la prima volta indagati in dettaglio».
Come una “macchina del tempo”, il sottosuolo di Pompei può rivelare tutto quello che è accaduto prima della fondazione della città, partendo dai millenni che hanno preceduto l’insediamento urbano in questo territorio.
«Le stratigrafie del sottosuolo di Pompei – dice infatti Amato – ci raccontano una lunga storia di eventi vulcanici, avvenuti durante la protostoria, la preistoria e i millenni precedenti, anche se di entità minore rispetto a quella che ha modificato per sempre la storia e il paesaggio pompeiano».
La conclusione, quindi, è che prima della fondazione di Pompei (e nelle epoche preistoriche) è soprattutto l’attività vulcanica ad incidere sul paesaggio.
«La possibilità di accedere a queste informazioni stratigrafiche fino al sottosuolo profondo – racconta il geologo – fa capire che in quest’area, nel corso dei secoli e dei millenni che precedono la fondazione di Pompei, si susseguono sempre gli stessi strati, cioè suoli ed eruzioni vulcaniche. Quindi un paesaggio che muta di poco, fino a che poi si decide di costruire la città in questo punto. Non a caso la parte alta delle stratigrafie che vediamo al di sotto della strada di questo vicolo dell’insula dei Casti Amani mostra tagli, riempimenti, buche, fosse, o preparazioni vere e proprie per il manto stradale di questo settore».
«Invece – conclude Amato – il cambiamento del paesaggio a partire dall’epoca storica viene determinato più dalle attività antropiche che si compiono nell’intera area di Pompei, fino a che l’eruzione del 79 d.C. ne determina la scomparsa e il cambiamento radicale di ogni forma di paesaggio».