La nascita della Nuova Pompei: una storia scritta a “quattro mani”
POMPEI. Tutti conosciamo la storia straordinaria della Pompei religiosa e il grande miracolo di fede nato grazie al Beato Bartolo Longo. Però è chiaro che un ruolo fondamentale ebbe la Contessa Marianna Farnararo, vedova del Conte Albenzio de Fusco, nella nascita della Nuova Pompei e in particolare del Santuario, di cui fu infatti nominata cofondatrice dal Papa Leone XIII.
Infatti la Contessa vendette la maggior parte dei suoi possedimenti e dei terreni presenti nell’allora Valle di Pompei, avuti in eredità dal defunto marito, per iniziare il progetto “Santuario di Pompei”.
Inoltre la nobildonna mise a disposizione dell’avvocato Bartolo Longo parte del suo cospicuo patrimonio (e anche donazioni raccolte, dalla stessa, dalla nobiltà napoletana), che permisero a entrambi di realizzare le opere di carità che ancora oggi sono presenti nella città.
Basti pensare che la Taverna di Valle o Casino, lo stesso palazzo adiacente (che fu dimora del Beato Bartolo Longo e della Contessa fino alla loro morte, poi abbattuto nel 1929), il Palazzo de Fusco (oggi sede del Comune) ed un’infinità di terreni nella Valle erano di proprietà della sua famiglia.
Quando l’avvocato Bartolo Longo calcò per la prima volta il suolo pompeiano, nel lontano 1872, lo fece proprio per curare gli interessi della Contessa, all’epoca giovane vedova, che dalla morte prematura del marito aveva ormai perso ogni riferimento delle proprietà, che versavano in totale abbandono.
Marianna Farnararo, inoltre, si trovò sola ad allevare ed educare i cinque figli, dei quali ben quattro maschi: dopo la primogenita Giovanna (1852), arrivarono infatti Francesco (1853), Biagio (1856), Vincenzo (1859) e Enrico (1862).
Dopo la morte della Contessa, avvenuta il 9 febbraio del 1924, nacque qualche incomprensione con l’unico figlio della nobildonna rimasto in vita, ovvero il Cavalier Vincenzo de Fusco (nella foto in calce all’articolo).
Il 26 gennaio del 1925, con scrittura privata, l’avvocato Bartolo Longo vendette per 200mila lire il palazzo adiacente alla Taverna (da lui acquistato in precedenza proprio dalla contessina Giovanna De Fusco) alla signora Francesca D’Agostino, che era la moglie di suo nipote, l’ingegnere Bartolo Longo (detto Bartolino). Si riservò, però, il diritto di usufrutto del primo e del secondo piano, per avere la possibilità di passare gli ultimi anni della sua vita in Valle di Pompei.
Dal canto suo, il Cavalier de Fusco, dopo la morte della madre, in quanto diretto discendente, avviò una lunga querelle giudiziaria per contestare l’articolo 6 della premessa dell’atto di vendita, in cui l’avvocato Bartolo Longo dichiarava di assumere tutte le garanzie di legge; in particolare, dichiarava “le infondatezze delle pretese” degli eredi De Fusco sull’immobile.
Ho cercato più volte di approfondire le ricerche sulla vicenda, fino a quando poi conobbi la signora Marisa Castelluccio e suo fratello, l’ingegner Luigi, entrambi nipoti del Cavalier Vincenzo de Fusco e pronipoti della Contessa Marianna: persone veramente squisite, che mi raccontarono alcuni aspetti della vicenda e il motivo reale della querelle che il nonno intraprese con l’avvocato Bartolo Longo, in cui intervenne addirittura il Vaticano, che propose una transazione per non dare adito a pettegolezzi, e che alla fine sfociò in un accordo tra le parti.
La signora Marisa e il fratello Luigi sostengono, secondo quanto appreso dai racconti della madre Cecilia (figlia del Cavalier de Fusco che visse in prima persona tutta la vicenda e fu tra le prime donne a conseguire una doppia laurea prima in Chimica e poi in Farmacia), che dopo la morte della Contessa de Fusco, il figlio Vincenzo, che viveva a Napoli, tornando a Pompei trovò i sigilli al palazzo materno e non riuscì ad avere nessuna spiegazione a tutto ciò, in quanto l’avvocato Bartolo Longo nel frattempo si era trasferito con il nipote a Latiano.
Questo fu il primo motivo (oltre alla vendita) che indusse il Cavalier Vincenzo de Fusco ad adire le vie legali. Vincenzo de Fusco (nella foto inedita gentilmente concessami dai nipoti Marisa e Luigi) fu anche vicesindaco della Sezione di Stato Civile di Valle di Pompei ricadente nel Comune di Torre Annunziata, prima della nascita del Comune di Pompei, che avvenne solo nel 1928.
I pronipoti della Contessa de Fusco si sono recati diverse volte in visita a Pompei e sono sempre stati accolti con grande affetto sia dall’amministrazione comunale che dall’Arcivescovo di Pompei e in uno di questi ultimi incontri hanno espresso al sindaco il desiderio che vi sia l’intitolazione di una strada cittadina alla Contessa Marianna de Fusco.
Ricordiamo che, attualmente, l’unica intitolazione riferita alla cofondatrice del Santuario è una sala di rappresentanza all’interno del Comune e un’altra sala adiacente al piazzale Giovanni XXIII di proprietà del Santuario, che i pronipoti Marisa e Luigi ritengono riduttiva per l’importanza ed il ruolo che la Contessa ha avuto nel progetto “Pompei”.