La dimensione erotica della vita nell’antica Pompei

POMPEI. Prima che l’eros fosse irrimediabilmente condannato dal cristianesimo, prima che il piacere divenisse qualcosa di peccaminoso, nel mondo greco prima e romano poi, esisteva una dimensione erotica di libertà, totalmente diversa da quella che oggi conosciamo. Ce la racconta, in parte, la mostra Arte e sensualità nelle case di Pompei visitabile nella Palestra Grande fino al 15 gennaio 2023.

A cura del direttore Gabriel Zuchtriegel e dell’archeologa Maria Luisa Catoni, la mostra propone pitture, sculture e reperti di vario tipo rinvenuti a Pompei ed in altri siti vesuviani, fin dal ‘700, di esplicito contenuto erotico ed offre l’occasione per una riflessione sul ruolo che occupava l’aspetto sensuale nella vita degli antichi pompeiani.

I mosaici, gli affreschi, gli oggetti esposti, mostrano come le tematiche sessuali costituissero un tema ricorrente nella quotidianità; il sesso era per i Romani un dono di Venere, la dea dell’amore, e di Priapo, divinità simbolo dell’istinto sessuale e della fecondità. Pertanto non doveva essere nascosto, tanto che sconfinava spesso in quella che oggi chiameremmo pornografia.

Come era stato già per i greci, dalla cui concezione erotica deriva quella romana, il sesso aveva a che fare con la pederastia, la prostituzione, la promiscuità, la bisessualità, e tenendo conto dell’importanza enorme che aveva il pudore per i romani, tutto questo sembra stridere, eppure non è così.

In quanto dono di una divinità, il sesso non doveva essere disprezzato, anzi: bisognava goderne, purché lo si facesse rispettando le regole che la società imponeva, secondo quella virtus che abbracciava e regolamentava ogni aspetto della vita, inclusa quella sessuale.

Era una società fallocentrica, quella romana, nella quale la virilità aveva un ruolo di prim’ordine, pertanto la libertà sessuale di cui godevano gli uomini era lontanissima da quella delle donne e, soprattutto, era una libertà che variava a seconda dell’estrazione sociale, sia nel caso degli uomini che delle donne.

Un’attenta analisi della realtà sessuale in tutto il mondo antico è rinvenibile nella Storia della sessualità, del filosofo francese Michel Foucault, che mostra come la gestione della sessualità fosse disciplinata da certe norme sociali.

Ciò che emerge dalla mostra è che la dimensione sessuale era trattata con disinvoltura: l’arte erotica era infatti estremamente diffusa, con raffigurazioni esplicite che erano ritenute ornamentali, non solo nei lupanari – una sorta di casa d’appuntamento – ma anche nelle abitazioni e nei luoghi pubblici, come le terme.

Dai rinvenimenti nelle domus riusciamo a dedurre che vi erano delle stanze dedicate esclusivamente al sesso, le cui pareti presentavano affreschi erotici al fine di creare l’atmosfera giusta.

Accedere alla mostra è un po’ come accedere ad una casa pompeiana ideale: si entra nell’atrium per passare nel cubiculum (la stanza da latto), nel triclinium (la stanza del banchetto) ed infine in una ricostruzione del peristilio (il giardino interno) e se ne esce con una visione abbastanza chiara non solo dei costumi sessuali nell’antica Pompei, ma di un intero contesto storico che offre la spalla ad interessi multidisciplinari.

Secondo Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, si tratta di una mostra che offre qualcosa di inedito, proponendo al pubblico un ambito tematico dedicato.

Le 70 opere in mostra riescono, inoltre, a mostrare l’instancabile lavoro di rinvenimento e restauro dei reperti, ma anche ad aprire una porta sulle gerarchie e i rapporti sociali, culturali e politici dell’antica Pompei e di tutto il mondo romano.

Nicoletta Severino

Nicoletta Severino

Danzatrice e coreografa, dirige la scuola di danza "Attitude" di Napoli. Proviene da studi filosofici e collabora con varie testate, trattando temi di attualità, di arte e di cultura.

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