Ways: storie di migrazioni. Il debutto nazionale al Campania Teatro Festival
NAPOLI. In scena il 6 luglio 2022 preso la Sala Assoli di Napoli, Ways è uno degli spettacoli che fanno il loro debutto nazionale al Campania Teatro Festival, la rassegna diretta da Ruggero Cappuccio con il sostegno della Regione Campania e della Fondazione Campania dei Festival, ormai alla sua quindicesima edizione.
Ways è una sorta di documentario live, ideato da Martina Ricciardi e Lauréne Lepeytre. La performance si apre con Martina Ricciardi da sola in scena che si muove sullo sfondo ed il sonoro del lavoro di Lepeytre proiettato alle sue spalle.
Ci sono immagini e voci che raccontano di storie di migrazioni, di esperienze intime e c’è lei che diviene quelle storie, dà loro forma, le lega assieme, seppur nella loro evidente diversità.
Si dichiara “dappertuttiana” la performer, con una certa dose di ironia, a sottolineare il legame, l’unicità e al contempo l’universalità delle singolari storie di migrazione, ed in effetti l’approccio non è scevro d’ironia, ma rende facile anche sentire addosso gli stralci di vite raccontate in voce, immagini, movimento, empatizzare con quei racconti come sottolinea il filo rosso srotolato tra il pubblico, di mano in mano, di spettatore in spettatore, di persona in persona.
Il migrante raccontato non è “l’altro”, non è la vittima da guardare con sguardo compassionevole dall’alto di una condizione privilegiata, è piuttosto qualcuno in cui rispecchiarsi, quella è l’intenzione chiara: generare empatia, rendere immediata l’immedesimazione, provare a dare vita ai racconti e farli vivere in prima persona.
Talmente tanto che le performers del laboratorio prendono le mosse dal pubblico, da esso si distaccano e prendono la scena dando vita a qualcosa di irripetibile, perché è chiaro che un approccio di tipo laboratoriale prende strade diverse col cambiare dei partecipanti, dei luoghi, degli stimoli.
In questo caso sono tutte donne e durante la loro esibizione ci ritroviamo in un blackout, eppure loro continuano, senza sonoro, con le sole luci di emergenza, senza riferimenti, in silenzio, proprio come le storie che portano in scena, con un ignoto con cui fare i conti, ma offrendo la possibilità di un accesso all’altro, di una comprensione che forse mediante il linguaggio del corpo risulta più immediata. La corrente poi torna, forse il disagio causato è stato in qualche modo funzionale alla performance: sicuramente ne ha sottolineato l’intenzione.