Il Laboratorio di Ricerche Applicate di Pompei intitolato ad Annamaria Ciarallo
POMPEI. Il Laboratorio di Ricerche Applicate (Lra) del Parco Archeologico di Pompei è stato intitolato alla memoria di Annamaria Ciarallo, biologa e funzionaria del Ministero dei Beni Culturali, che contribuì alla nascita dello stesso nel 1994 e l’ha diretto fino al 2011.
La cerimonia di intitolazione è avvenuta il 27 luglio 2022, presso gli uffici del Laboratorio, alla presenza del direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, del direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel zuchtriegel, e di Valeria Parrella, scrittrice e figlia di Annamaria Ciarallo.
Biologa di formazione, la Ciarallo nel 1980 divenne funzionaria per l’allora Ministero per i Beni Ambientali e Culturali. Arrivata a Pompei per gestire la problematica del verde, riuscì a tramutare quello che era stato fino ad allora un tallone di Achille in uno dei punti di forza del sito. Infatti, dopo aver gestito la bonifica dalle piante infestanti, tramutò proprio quel verde da nemico ad alleato, curandone la manutenzione e istituendo l’Ufficio Botanico.
Conscia degli spunti di ricerca unici di un sito che ancora conservava giardini domestici e di grande produzione, si dedicò allo studio del paesaggio, delle colture e della flora antica, tanto da divenirne grande esperta. Dalla sua esperienza e dalla sua tenacia nel 1994 nacque, in collaborazione con il Cnr, il Laboratorio di Ricerche Applicate dove poté esprimere appieno le sue capacità di studiosa.
Indirizzò i suoi studi in particolare sulla ricostruzione del paesaggio vesuviano del 79 d. C. e sui dei giardini nell’antica Pompei, con uno spiccato interesse per il rapporto fra la città e l’ambiente, oggi come allora, va a lei il merito di aver percepito e tutelato la Pompei attuale come ecosistema complesso da proteggere.
Ricercatrice curiosa e appassionata, non si limitò alla propria materia, su cui scrisse numerosi articoli e monografie, ma allargò l’ambito della ricerca all’archeozoologia, all’antropologia, alle scienze geologiche e vulcanologiche e alla diagnostica, di fatto aprendo la via a un nuovo modo di intendere le ricerche scientifiche in ambito archeologico.
Esse infatti erano non più concepite come hard science a soccorso di una materia umanistica come l’archeologia, ma finalmente parte di un concetto di ricerca olistico, all’interno di un pioneristico concetto di trasdisciplinarietà.
Grande cura e attenzione dedicò anche alla conservazione di quei reperti unici che il sito aveva custodito per millenni. Fu sua l’idea di una conservazione preventiva del materiale tramite la creazione, contestualmente al laboratorio, di una camera climatizzata a temperatura e umidità costante che ne prevenisse il degrado e li conservasse per il futuro.
Al riguardo fu inoltre artefice non solo di un grande lavoro didattico per i più giovani tramite la creazione di realtà come l’Orto Botanico, il Vivaio e il Vigneto Didattico, ma anche della formazione di una intera generazione di giovani studiosi, che ora sono a loro volta professori e ricercatori nelle materie di competenza. Sempre lei ebbe l’intuizione di supportare le attività scientifiche con molteplici convenzioni con i migliori istituti di ricerca italiani e stranieri, di cui molte sono ormai consolidate.