Ufficio tecnico e permessi facili alla pizzeria di Pompei: in sei rinviati a giudizio
POMPEI. Sei persone finiscono sotto processo nell’ambito della scottante inchiesta sui presunti abusi realizzati in una nota pizzeria di Pompei. Dovranno infatti presentarsi nel mese di novembre davanti al giudice Valeria Campanile, del Tribunale di Torre Annunziata, per l’inizio del processo.
Il rinvio a giudizio, in particolare, è stato disposto al termine dell’udienza preliminare per: S.G., ex geometra dell’Ufficio tecnico di Pompei, ora in pensione; l’architetto G.M., ex dirigente dello stesso Utc; G.V., vecchio responsabile del “procedimento dell’ufficio istruttorie Scia/Dia”.
Sotto processo anche gli imprenditori che avrebbero usufruito dei presunti permessi. Gli imputati rispondono, a vario titolo e in diversa misura, delle accuse di abuso d’ufficio in concorso e abuso edilizio.
I presunti illeciti fanno riferimento al 2017. L’ex capo dell’Utc di Pompei – secondo un fascicolo d’inchiesta inizialmente aperto sul caso dal pm Rosa Annunziata, poi finito sulla scrivania del sostituto procuratore Rosa Maria Colangelo – non avrebbe agito da solo.
In particolare, secondo l’accusa, G.M. e G.V. “in qualità di pubblici ufficiali” avrebbero chiuso un occhio sulla realizzazione di un’opera abusiva di circa 58 mq., alta 3,5 metri.
Si tratterebbe di una nuova costruzione di “edilizia pesante” realizzata in città a partire dal 6 novembre 2017 ma in “difformità dello strumento urbanistico” oltre che del Ptp ovvero del Piano territoriale paesistico.
A usufruire dei presunti vantaggi sarebbe stata, secondo la ricostruzione del pm, una facoltosa imprenditrice di Pompei. In questo modo – grazie alla presunta “omessa inibizione della Scia” – la titolare della pizzeria avrebbe illecitamente ampliato per un volume di circa 210 metri cubi un famoso locale commerciale con sede quasi “a vista” sugli Scavi.
L’ex dirigente dell’ufficio tecnico – secondo l’ipotesi accusatoria – avrebbe sanato le opere ritenendole “libere” ma applicando allo stesso tempo una multa di 516 euro “attestando falsamente – si legge ancora nelle carte dell’inchiesta – la legittimità urbanistica ed edilizia dell’opera”. Il tutto sarebbe inoltre avvenuto in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.