Far finta di essere sani: il Signor G rivive al Teatro Nuovo di Napoli
NAPOLI. Sabato 26 novembre 2022, allerta meteo arancione a Napoli, la serata in cui non ti verrebbe mai in mente di uscire di casa, eppure sorprendentemente – a volta la realtà riesce in maniera inaspettata a sorprendere positivamente – il Teatro Nuovo è pieno per la prima di Far finta di essere sani, spettacolo di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, con l’adattamento e la regia di Emilio Russo.
Con questo spettacolo, a circa cinquant’anni di distanza, Andrea Mirò (autrice, polistrumentista, cantante), Enrico Ballardini (attore, musicista, cantante) e la band Musica da ripostiglio composta da Luca Pirozzi, Luca Giacomelli, Raffaele Toninelli ed Emanuele Pellegrini, riportano in scena quel Gaber che tante cose le aveva dette, sentite, scritte, cantate così in anticipo sui tempi.
Quelle stesse cose che oggi, cinquant’anni dopo, sembrano essere più attuali di allora. Era il 1973 quando Gaber e Luporini si spingevano alla ricerca dell’interezza, analizzando temi enormi e nuovissimi, tipici della complessità del vivere contemporaneo.
Ora, nel 2022, quelle canzoni e quei monologhi sembrano capaci di far rivivere quello slancio ideale, quell’ironia dissacrante, quella capacità di andare oltre l’ordinario, di disegnare prospettive diverse, di analizzare l’uomo e la società.
Il teatro-canzone del Signor G sembra rivivere e con esso quell’attenzione spesso dimenticata all’utopico, all’ideale, sopraffatti di sovente da un senso di disfatta quasi rassegnato, disimpegnato, inerte.
A questo senso di disfatta bisogna resistere, alimentando quello slancio ideale, superando le convenzioni sociali, superando i propri bassi egoismi, e l’apparentemente confortevole appagamento di bisogni immediati, sciocchi, materiali, in nome di una dimensione superiore, più grande, ma sempre immanente, confortante non per il singolo uomo, ma per gli uomini, tutti.
E così, assieme ad un pubblico palesemente nostalgico, tornano a rivivere quei temi che nell’opera di Gaber erano centrali: la quotidianità difficile da conciliare con gli ideali, il bisogno di trascendere da se stessi e l’incapacità di farlo, l’ironia che sopraggiunge quando non sembra esserci altra possibilità e offre la chiave, la dimensione personale, quella sociale e chiaramente quella politica. Applausi scroscianti, bis, sipario, un senso di partecipazione, la libertà, forse.