Chiara Tortorelli e l’Interiologia: l’autrice partenopea dà vita al metodo dell’Innerself Creative Approach
NAPOLI. Dall’universo femminile all’importanza del dialogo, dall’esplorazione del mito alla poetica della narrativa. Chiara Tortorelli è un’autrice e scrittrice napoletana conosciuta ed affermata nel mondo dell’editoria. “Tabù” (Homo Scrivens), “Noi due punto zero” (Homo Scrivens), “Lilith” (Homo Scrivens) e da ultimo “Storia pettegola di Napoli” (Newton Compton editori) sono alcuni tra i suoi romanzi più noti, ma il lavoro della Tortorelli non si limita al cosiddetto “rapporto col foglio bianco”.
Editor, giornalista, docente di scrittura, la Tortorelli esplora gli infiniti percorsi della parola, scritta ma anche orale e, nonostante stia già pensando al suo nuovo libro, è impegnata in una serie di progetti ma, soprattutto, nell’affermazione e diffusione della cosiddetta “Interiologia”, o meglio dell’Innerself Creative Approach.
Partiamo proprio dall’Interiologia. Di cosa si tratta?
«È un approccio innovativo che ho ideato e che poi è diventato metodo e che parte dalla cultura del Sé interiore. Nasce dall’integrazione delle due parti di me, la parte ancorata alla realtà e ai miei studi umanistici, che poi si è realizzata nella scrittura, grazie al lavoro con il mondo editoriale, e la parte legata alla ricerca spirituale, che ha studiato, approfondito e esperito molti metodi per connettersi con la parte più profonda del proprio Sé interiore. Nell’Innerself Creative Approach confluiscono tante cose, innanzitutto alcune discipline sapienziali come l’Astrologia Evolutiva, il cammino dei Tarocchi, ossia la lettura personalizzata e creativa degli Arcani Maggiori usata come specchio di Sé, e l’Enneagramma, il metodo di autoconoscenza della stella a nove punti usata dai Sufi, di cui sono docente da vari anni. Questi sistemi nell’Inneserself Creative Approach vengono integrati sempre con un approccio esperienziale, interiore e creativo, cioè con l’allenamento a guardarsi dentro e a sviluppare Esperienza attraverso il proprio sentire emozionale ed energetico e poi, attraverso la Scrittura e l’uso della Simbologia, del Mito e degli Archetipi antichi, viene invece allenata la creatività, l’ispirazione e l’intuizione».
Questo metodo lo utilizza anche quando scrive i suoi romanzi?
«Certo, sempre. I miei personaggi vengono creati sulla base di un sentire corporeo. Li faccio vivere in me, diventano parte di me, mi immedesimo in loro fino a sentirli vivere in me. La risposta con cui li faccio vivere sulla carta parte da dentro. Non li guardo dall’esterno, li sento. Lo chiamo spesso una specie di metodo Stanislasky della scrittura».
Quali sono i progetti ai quali sta lavorando?
«Un progetto al quale sto lavorando insieme alla collega Maria Rosaria Lanza si chiama “Agorà” e partirà il prossimo 21 aprile alla libreria IoCiSto. Si tratta di una serie di incontri incentrati sull’allenamento all’integrazione della diversità e al dialogo. Una volta al mese si individuerà una tematica di attualità, che avrà il suo riferimento in alcuni testi letterari e narrativi di oggi e di ieri, poi si sceglieranno due punti di vista apparentemente antitetici e si inviteranno un gruppo di scrittori e intellettuali a dire la loro insieme al pubblico. Tre realtà napoletane con i loro know how saranno insieme in Agorà: IoCiSto, la libreria di tutti e quindi già aperta alla dimensione della pluralità, luogo di cultura nel cuore del Vomero, Homo Scrivens, la casa editrice che vive sulla chiave della gruppalità e della collaborazione, e che ha visto la nascita grazie a un gruppo di scrittori che si sono uniti e hanno voluto far sentire la propria voce sul territorio portando un contributo di innovazione, espressione e sperimentazione, Namdeling, il centro napoletano della Comunità Dzogchen internazionale creata da Chogyal Namkhai Norbu, uno dei principali maestri del Buddismo tibetano, che ha portato nel mondo l’insegnamento Dzogchen. Il progetto proprio per la sua natura, a settembre, approderà nelle scuole».
L’universo femminile è sempre al centro dei suoi romanzi, in particolare nel suo libro Lilith, edito Homo Scrivens.
«Lilith è la prima donna, nata insieme ad Adamo non dalla sua costola come Eva. È presente come archetipo in varie mitologie, da quella sumera a quella ebraica. Nel libro la racconto con un doppio registro, narrativo e poetico, narro la sua ribellione al potere patriarcale e la sua integrità. Rinunciò a tutto pur di poter essere se stessa. Lilith oggi è quanto mai attuale. Attraversare il male, il dolore, la mancanza, il rifiuto, che Lilith ad esempio archetipicamente rappresenta, richiede una forza interiore, la capacità di andare oltre. Di fare il viaggio di Persefone a occhi aperti, di incontrare le proprie ombre, farci pace e farle diventare proprie alleate in una nuova narrazione personale. Infine la vita è narrazione, una narrazione interiore, di te che trovi il filo di tutto, delle luci e delle ombre, le componi, ne trovi il nesso. La felicità dipende dalla capacità di fare una buona narrazione né più né meno di un libro che scrivi. Da gennaio e tutti i mesi, nelle giornate vicine alla Luna nuova, ci sarà un incontro dedicato a Lilith, l’archetipo femminile che racconta un femminile eretico e ribelle. Saranno incontri dedicati a raccontare Lilith nel mito, nell’arte, nella musica, nell’Astrologia, nella poesia, nell’eresia e nell’attualità».
Sta già lavorando al prossimo romanzo?
«Sì, sto lavorando a ben due libri. Il primo è sulle donne del mito calate nella contemporaneità, mentre il secondo è un romanzo corale che racconta il Novecento visto dagli occhi delle tre protagoniste. Donne, naturalmente».