Si torna a scavare a Pompei: nella Regio IX riaffiorano i primi edifici
POMPEI. Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, ha riposto provvisoriamente gli attrezzi di nobili mestieri tradizionali, per riprendere iniziativa con il trowel e la mappa del sito archeologico che dirige.
Vi ha tracciato sopra la linea rossa che definisce il percorso di un progetto di scavo che si estende per 3.200 metri quadri della città antica sepolta nel 79 d.C. dal Vesuvio.
“L’appetito vien mangiando”. Si riprende dai risultati conseguiti col Grande Progetto Pompei (Gpp), nel mettere insieme tutela e ricerca archeologica, facendo di necessità virtù a beneficio di cultura, turismo e patrimonio nazionale.
S’intende mettere a frutto l’esperienza acquisita durante la gestione Osanna nel rettificare e risolvere i problemi idrogeologici e conservativi dei fronti di scavo. Vale a dire il confine tra la parte scavata del Parco e quella rimasta inesplorata nella città antica che, nel caso specifico misura circa 15 ettari.
Ne consegue che parliamo di 15 ettari (contenuti entro 22 complessivi) fatti da isolati e case ancora sepolti sotto lapilli e cenere, quasi un terzo dell’abitato antico.
Inoltre, con questo sistema di consolidamento e recupero, si finirà con lo scavare, poco alla volta, nel corso degli anni, tutta l’area archeologica residua del Parco, ancora da dissotterrare.
Il cantiere del nuovo scavo, ubicato nell’Insula 10 della Regio IX, lungo Via di Nola, assume la stessa funzione attuata nello scavo della Regio V durante gli anni 2018-2020.
Allora emersero la Casa di Orione, la Casa con Giardino e il Themopolium. Furono migliorate conservazione e tutela di strutture millenarie con il consolidamento dei fronti di scavo, da sempre elemento critico per la sicurezza dell’area circostante.
I nuovi scavi si avvalgono (come succede da una decina d’anni) dell’impiego delle diverse professionalità dell’archeologia, tra cui archeologi, archeobotanici, vulcanologi, numismatici, topografi antichi, oltre ad architetti, ingegneri e geologi.
Lo scopo è quello di trarre il massimo di informazioni e dati scientifici dalle operazioni di indagine stratigrafica. «Scavare a Pompei – dichiara il direttore del sito, Gabriel Zuchtriegel – è un’enorme responsabilità. Lo scavo è un’operazione non ripetibile, quello che è scavato lo è per sempre. Perciò bisogna documentare e analizzare bene ogni reperto e tutte le relazioni stratigrafiche e pensare sin da subito a come mettere in sicurezza e restaurare quello che si trova».
Lo scavo è ancora all’inizio. Intanto cominciano già ad affiorare le creste murarie dei piani superiori degli edifici antichi, tra cui una che è stata trasformata, nelle sue ultime fasi, in fullonica (lavanderia) e scavata già intorno al 1912.
Un’altra casa risulta essere dotata di forno e cella superiore. Nei livelli più alti dei fondi gli archeologi hanno documentato una serie di buche praticate nel terreno in anni forse più recenti e, presumibilmente, funzionali all’utilizzo agricolo del terreno o utilizzate come cava di lapilli nell’epoca moderna.
Vedute sette-ottocentesche dimostrano come quel fondo soprastante la città antica fosse adibito all’agricoltura (zone boscose, edifici rurali e serre di agricoltori erano presenti fino al 2015).
Un paesaggio storico legato alla riscoperta di Pompei che il Parco intende valorizzare e raccontarlo anche tramite un progetto che punta alla riqualificazione delle aree verdi.
A dimostrazione che la passione green non è stata mai del tutto abbandonata dalla direzione del Parco, contestualmente all’iniziativa di ricerca archeologica, viene annunciata una nuova fase di evoluzione della filiera agricola.
Essa consiste nella selezione di un partner per la coltivazione dei vigneti del Parco, nell’ambito di un partenariato pubblico-privato, che prevede l’ampliamento delle aree coltivate e, in futuro, anche la messa a regime di uliveti, frutteti e orti sociali.