La sezione Campania Romana del Mann: sculture e pitture da edifici pubblici
NAPOLI. Un percorso straordinario attraverso la Campania antica, territorio che aveva confini più estesi rispetto a quelli attuali: si parte dal II secolo a.C. per giungere almeno al III secolo d.C., spostandosi tra l’area flegrea, le città vesuviane e il territorio interno, con particolare riferimento all’attuale casertano. E, guardando più lontano, l’itinerario tocca a nord il basso Lazio e a Sud alcuni centri della Calabria.
È la sezione “Campania Romana. Sculture e pitture da edifici pubblici” del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) che ad aprile 2023 ha aperto al pubblico: 2.000 metri quadri di sale comprese negli spazi dell’ala occidentale, i cui ambienti storici non erano fruibili da oltre cinquant’anni (il Mann ha un’area espositiva di circa 15mila mq., che diventano quasi 28mila mq. computando il Braccio Nuovo).
Sono 240 le opere esposte, una vera e propria summa dell’arte romana, che si espresse fertile in regione e nel sud Italia. L’allestimento parte da una suggestione: è come se il visitatore camminasse lungo gli assi viari degli antichi centri romani della Campania, andando a sbirciare fra gli stupefacenti apparati decorativi degli edifici pubblici, scoprendo come l’arte fosse, per i nostri antenati, un’esperienza del quotidiano.
«La riapertura dopo 50 anni degli spazi dell’ala Occidentale, con le eccezionali collezioni di scultura, pittura e gli ambienti elegantissimi, costituisce un punto di non ritorno nella storia del Museo Archeologico Nazionale: d’ora in avanti è, senza ombra di dubbio, il più grande museo di archeologia classica al mondo. C’è, sopratutto, l’orgoglio di una città che torna ad essere capitale dell’archeologia» commenta il direttore del Mann, Paolo Giulierini.
La sezione Campania Romana, curata da Carmela Capaldi (docente di Archeologia classica presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”), è stata allestita tenendo presente fisionomia e storia delle sale che, con le grandi colonne divisorie, le volte decorate e l’ampiezza degli spazi, rappresentano un’ulteriore fonte di suggestioni per il pubblico.
Furono questi spazi, al piano terra dell’allora Real Museo Borbonico, a essere concepiti da Michele Arditi, nei primi decenni del XIX secolo, come sede prestigiosa del Museo delle Statue. In seguito due artisti, Giuseppe Abbate (1864) e Fausto Niccolini (1866-1870), furono incaricati di decorare gli ambienti.
Si è dovuto attendere il Novecento per una svolta nella concezione museografica di questa sezione. A partire dagli anni Sessanta, il sistema espositivo concepito da Vittorio Spinazzola e Amedeo Maiuri è stato oggetto di un ripensamento: è divenuto centrale il tema del “contesto”, ovvero la provenienza delle opere.
Questa linea programmatica è stata adottata per l’allestimento della collezione Farnese nell’ala orientale e ha motivato la ricollocazione della statua di Ferdinando I di Borbone come “Minerva pacifera” di Antonio Canova alla sommità dello scalone, al posto del “Gigante di Palazzo” (il busto colossale di Giove Capitolino da Cuma).
Questo è stato forse il gesto di più forte impatto ideologico e visivo nella riorganizzazione degli spazi del piano terra. La sezione Campania Romana, che si apre ora nell’ala occidentale, prosegue nella ricostruzione del milieu di rinvenimento dei manufatti. Sono presentati (in molti casi per la prima volta) non solo le sculture marmoree e bronzee, ma anche i rivestimenti parietali, le epigrafi, gli elementi architettonici e di arredo che decoravano gli edifici pubblici e i monumenti funerari.
Le statue dei Dioscuri di Baia inaugurano il percorso, introducendo il primo segmento espositivo dedicato all’area flegrea (Baia, Cuma e Pozzuoli). Si continua, poi, con i reperti dal comparto vesuviano, incontrando prima Pompei con manufatti provenienti dall’area del Foro triangolare (tempio di Asclepio, Palestra Sannitica e Teatro) e del Foro civile (tempio di Apollo, tempio di Venere, Basilica, Macellum, Capitolium e Tempio della Fortuna).
Un focus ad hoc è dedicato non solo all’area del teatro di Ercolano, con la ricostruzione virtuale della celebre Quadriga (non collocabile con certezza, presumibilmente inserita tra foro e teatro), ma anche all’Augusteum, per il quale si riproduce la ipotetica collocazione originaria di sculture e affreschi; per la prima volta, infatti, è presentata al pubblico la sequenza completa delle decorazioni presenti nelle nicchie.
Per quanto riguarda l’antica Stabiae, è presente in allestimento la replica dell’Afrodite Sosandra, messa a confronto con la scultura proveniente da Baia. Da non perdere, nell’itinerario di visita, le sale dedicate all’anfiteatro e al teatro di Santa Maria Capua Vetere: l’allestimento segue il principio tematico scelto da Michele Arditi per il cosiddetto Gabinetto delle Veneri, adottando l’amore come fil rouge delle opere esposte (Afrodite, Adone, Ganimede e altre rappresentazioni delle passioni di Zeus).