Il nichilismo frenetico di “Pasionaria” ci ricorda il valore della nostra umanità
NAPOLI. Entri al Teatro Bellini di Napoli la sera del 14 aprile 2023 e ti ritrovi catapultato in un futuro distopico, senza riferimenti, che ti assorbe. In scena i meravigliosi danzatori della Compagnia La Veronal si muovono come dei robot, tanto che non sembrano umani i loro corpi per l’assurda qualità di movimento che propongono.
E ti chiedi come sia possibile che lo spagnolo Marcos Morau, il coreografo della compagnia, sia riuscito ad idearla, e ti compiaci perché in un mondo come quello della danza, in cui sembra essere stato detto e fatto tutto, tanto che spesso si torna indietro a ripescare dal passato, qualcuno sia riuscito ad inventare qualcosa di veramente innovativo, che apre alla danza scenari nuovi e meravigliosi.
Ma andiamo con ordine. All’inizio la scena, fredda ed asettica, è incorniciata da una luce, nella penombra al cui interno si muovono i personaggi, e lo fanno in questa maniera sorprendente, come non stessi assistendo ad uno spettacolo dal vivo, ma come se di fronte a te ci fosse lo schermo di un videogioco e loro fossero manovrati da qualcuno di più umano di loro.
L’ambientazione in cui l’azione scenica si svolge è un interno freddo con una finestra enorme, dietro la quale accadono eventi cosmici indefiniti, come se gli interpreti fossero sospesi tra le galassie, in un altrove veramente molto lontano, a sottolineare quel senso di alienazione ed estraneità che è la chiave di volta di tutto lo spettacolo.
Lo stesso vale per i costumi: freddi, nelle forme e nei colori, esattamente come la scenografia. L’impatto è fortemente cinematografico e spersonalizzante, per il modo di articolare il movimento dei danzatori a metà tra il robotico ed il dinoccolato, ma anche per la scenografia, il disegno luci, i costumi, il sottofondo sonoro.
Sembra tutto in antitesi con il titolo della performance, Pasionaria, che si rifà al significato etimologico della passione intesa come patire, ma anche come capacità di provocare forti emozioni e la chiave di lettura dell’intero spettacolo è tutta lì.
È la passione, è la capacità di lasciarci toccare dalle emozioni a preservarci, a dare ragione della nostra umanità, a tenerci al riparo da quel mondo alienato ed alienante in cui si ripetono gesti ed eventi, senza slancio, meccanicamente, raggelandoci. Quel mondo in cui nemmeno il contatto con l’altro è realmente tale, ma freddo interagire, per fini necessari, meccanici.
Ecco: quello che vediamo è un universo di meccanicismi, in cui fuori dalla finestra scorrono galassie, implodono universi, sorgono lune, ma dentro l’appartamento ci sono cloni di esseri umani snaturati, privati della propria essenza, solo corpo, senza anima (e senza scheletro, per come si muovono!).
Un universo nel quale la tecnologia ha preso il sopravvento castrando completamente l’umanità fino a disumanizzarla; un universo senza nemmeno la prospettiva salvifica di una qualche speranza, perché anche la speranza è qualcosa di troppo umano; un universo in cui non ti chiedi il perché delle azioni, perché è tutto un mero susseguirsi di cause meccaniche.
Questo ci raccontano mirabilmente i performer in quei 75 minuti dentro il loro mondo: un’esasperazione del progresso, in cui tutto è artificiale, un cinico ripetersi di azioni ed eventi senza pathos, appunto, in cui la vita sembra aver perso la sua stessa essenza. E lo fanno riuscendo realmente a replicare il movimento di marionette, quasi fossero corpi disarticolati, quasi realmente non fossero corpi umani.
È un lavoro davvero ben riuscito Pasionaria, dal forte sapore cinematografico, ricco di riferimenti a varie forme dell’espressione artistica, che riporta alla mente certi filoni della storia dell’arte come l’astrattismo, quasi riuscendo a crearne un parallelo nella danza.
Quello che evoca dal punto di vista stilistico è un certo immaginario cyberpunk, mostrando come la ricerca della qualità nella danza, porti il movimento in direzioni sorprendenti ed inesplorate, capaci di aprire nuovi orizzonti di ricerca e sperimentazione.
La meccanicità del movimento cattura lo spettatore, coinvolgendolo per la capacità performativa in sé, funzionale ad una drammaturgia asettica che racconta di un mondo senza sentimenti, senza emozioni, un universo di cause meccaniche e di uomini e donne a cui resta ben poco di umano, un mondo di nichilismo assoluto, in cui nulla sembra avere valore e in cui ogni ricordo delle emozioni sembra bandito.
Quello di cui hai voglia dopo aver applaudito ancora e ancora per aver portato in scena qualcosa di così bello, innovativo, lavorato alla perfezione, è stare il più lontano possibile da quello che hai visto, andare a bere qualcosa, stare con le persone, sentire il calore, il rapporto umano, sentire la vita dentro e scorrerci attraverso, con tutte le sue emozioni.