La forza del pensiero debole: addio al filosofo Gianni Vattimo

Gli studi sull’ontologia ermeneutica contemporanea non sarebbero gli stessi senza Gianni Vattimo. Il filosofo che massimamente si è fatto portavoce ed espressione dell’età postmoderna, il padre teoretico di quello che egli stesso ha definito “pensiero debole”, affetto da tempo dal Parkinson, ci ha lasciati il 19 settembre 2023.

Classe 1936, il pensatore e politico allievo di Pareyson, laureatosi a Torino e specializzatosi a Heidelberg sotto la guida di Gadamer e di Löwith, è stato docente di estetica prima e filosofia teoretica poi, presso l’università di Torino.

Studioso di Nietzsche e Heidegger, ma anche dello stesso Gadamer, uomo politico di sinistra, europarlamentare, è riuscito a conciliare nel suo pensiero tutte le contraddizioni e complessità tipiche della modernità.

Fondendo le posizioni nietzschiane ed heideggeriane con quelle gadameriane, fino ad identificare l’essere con il linguaggio, ha mostrato che l’essere è storicizzato e si dà nella temporalità, ma lo fa come trasmissione linguistica di messaggi.

È chiaro che ne scaturisce una concezione relativistica della vita e dei valori che cambiano col cambiare dei tempi, concezione che egli stesso ha definito “pensiero debole”, in opposizione al pensiero forte moderno, a partire dalla dialettica hegeliana fino allo strutturalismo.

Il pensiero debole è tale perché in realtà il pensiero è debole per sua stessa natura, perché la metafisica tradizionale non è più in grado di soddisfare le esigenze speculative dell’uomo moderno e perché non è possibile per esso alcuna ideologia che possa definirsi assoluta.

Il “pensiero forte” otto-novecentesco aveva la pretesa di superare il pensiero ad essa precedente rintracciandone gli errori, quello che ha fatto Vattimo è stato proprio riconoscere la valenza filosofica dell’errore.

Accettare l’errore significa essere umani nell’accezione più profonda del termine, significa accettare la caducità costitutiva dell’uomo, significa riuscire a convivere con l’effimero, significa avere la forza di accettare la debolezza.

Il pensiero forte in questo sembra essere cieco, perché inconsapevole del proprio stesso relativismo, perché non all’altezza di racchiudere le contraddizioni della postmodernità.

Il pensiero debole, inoltre, nella concezione vattimiana si apre anche alla dimensione politica, procedendo verso la democratizzazione della società, il pluralismo, la tolleranza. Ritorna al marxismo, ma lo “indebolisce”, gli toglie la “forza” appunto, emancipandolo delle derive violente, scegliendo la strada della dialettica.

Da vero esponente della modernità, Vattimo fa propri temi attualissimi come le battaglie per i diritti della comunità Lgbt+, l’ambientalismo e l’animalismo, recupera una visione socialista del cristianesimo e mostra con ciò stesso l’intrinseca essenza del relativismo, facendosi perciò esponente privilegiato dell’età moderna.

Con l’autoironia tipica dei veri pensatori ha voluto che la sua morte fosse annunciata con la frase “Ero debole”. Di fronte all’evidenza ineluttabile della morte siamo tutti figli del pensiero debole. Fonte foto: Vaticanistapetrus, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons.

Nicoletta Severino

Nicoletta Severino

Danzatrice e coreografa, dirige la scuola di danza "Attitude" di Napoli. Proviene da studi filosofici e collabora con varie testate, trattando temi di attualità, di arte e di cultura.

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