Scavato a Pompei un panificio dove gli schiavi venivano trattati come le bestie
POMPEI. Alla vigilia dell’inaugurazione della mostra “L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio”, che sarà inaugurata il 15 dicembre 2023 nella Palestra Grande di Pompei, è stata rivenuta nella Regio IX una casa con panificio appartenuta a Rustio Vero.
Si tratta di un opificio che produceva, col lavoro forzato di schiavi che movimentavano la macina aiutati da asini, la farina necessaria alla panificazione. In esso la mano d’opera era tenuta prigioniera insieme agli asini dentro un ambiente angusto e senza affaccio esterno. Difatti la luce vi entrava attraverso delle grate di ferro montate su finestrelle.
Il movimento della macina era creato da una rudimentale catena di montaggio azionata con intagli nel pavimento che orientavano nel movimento gli animali che giravano per ore, con gli occhi bendati, per muovere la macina. L’impianto è emerso nel corso dei lavori di messa in sicurezza dei fronti di scavo che formano il perimetro di uno spazio nella Regio IX non ancora indagato dell’antica Pompei.
La scoperta riguarda una casa in ristrutturazione suddivisa in un settore residenziale, decorato con affreschi di IV stile, e uno spazio produttivo, destinato alla panificazione. In un ambiente della stessa casa nei mesi scorsi erano emersi 3 scheletri, a conferma che la dimora fosse abitata nonostante la ristrutturazione in corso. Il quadro della scoperta fotografa una rara testimonianza del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici di Pompei.
Disponiamo di una fonte d’eccezione privilegiata della macinazione del grano nel racconto delle Metamorfosi di Apuleio, vissuto nel II secolo d.C. In esso racconta l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto a un mugnaio per essere attaccato alla macina.
Le nuove scoperte rendono possibile descrivere meglio anche il funzionamento pratico dell’impianto produttivo di panificazione che, seppure in disuso al momento dell’eruzione, ci restituisce una conferma puntuale del quadro sconcertante dipinto da Apuleio.
L’impianto produttivo della casa-panificio risulta essere privo di accessi diretti dall’esterno. L’unica uscita dà sull’atrio. Nemmeno la stalla ha un accesso stradale. Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui le persone di status servile non godevano di libertà di movimento.
La privazione di ogni forma di fiducia del padrone rappresenta il lato più sconvolgente della schiavitù antica, che si manifestava nel rapporto di sottomissione alla bruta violenza, come dimostrano i pochi punti luce degli alloggi chiusi da grate di ferro.
L’area di macinazione del grano si trovava a sud dell’ambiente centrale, vicino alla stalla, caratterizzata da una lunga mangiatoia. A terra, attorno alle macine, si nota una serie di incavi semicircolari, ricavati nelle lastre di basalto vulcanico per orientare e sostenere il tiro dei muli. Quel percorso formava il “solco circolare” (curva canalis) descritta da Apuleio.
Le fonti iconografiche e letterarie suggeriscono che di norma una macina era composta da un asino e uno schiavo. Il secondo spingeva la mola e allo stesso tempo incitava l’animale e controllava la macinatura del grano che aggiungeva progressivamente, prelevando la farina prodotta di volta in volta.
La testimonianza riaffiorata con la nuova scoperta integra le conoscenze sulla dura vita quotidiana della maggioranza del popolo pompeiano (come altrove a quei tempi) che sarà raccontata con una mostra apposita da inaugurare il 15 dicembre 2023.
«In conclusione – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – sono spazi come questo che ci aiutano anche a capire perché c’era chi riteneva necessario cambiare quel mondo e perché, negli stessi anni, un membro di un piccolo gruppo religioso di nome Paolo, poi santificato, scrisse che “è meglio essere tutti servi douloi”, che vuol dire “schiavi”, ma non di un padrone terrestre, bensì di uno celeste».