De Rerum Natura: There is no planet B in scena al Teatro Grande di Pompei
POMPEI. Il regista Davide Iodice, che ha prodotto con Fabio Pisano lo spettacolo ispirato al De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro per il Teatro Nazionale di Napoli, lo ha dedicato per la prima assoluta ad Anna Maria Ciarallo, studiosa di scienze naturali che ha creato il Laboratorio di ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei. Un’innovazione esemplare della ricerca scientifica al servizio dell’archeologia pompeiana.
«Una persona a me molto cara, strettamente legata a questo luogo, che mi ha insegnato ad amare e per cui ho immaginato sin da subito il progetto» ha spiegato Iodice. Il suo è stato non solo un gesto affettuoso ma soprattutto una rivelazione “genetica” della sua ultima performance, perché in qualche modo l’antica Pompei contribuisce a ridisegnare quella “natura disperata” esemplificata dal bla bla bla che riecheggia nella denuncia fragorosa di Greta Thumberg a nome di una generazione eroica che lotta per il ripristino dell’ordine naturale.
Iodice, allo stesso tempo, esprime scuse ed ammirazione alle tante ragazze e ragazzi che come Greta animano i movimenti di “indignados” alla ricerca esasperata di una soluzione di futuro possibile con l’impegno nel campo ecologico, sociale, civico che interviene in tutte le parti del mondo contro le incoerenze e le ingiustizie, con strenue “battaglie” che incontrano segnali nefasti da questi scenari di guerra.
Ancora una volta (forse l’ultima volta) prevale la speranza nella forza della ragione: «I movimenti della distruzione non possono prevalere per sempre, non possono seppellire in eterno la vita». Il filo del dialogo avviato dal drammaturgo Fabio Pisano si svolge sullo stesso tracciato del discorso all’Onu di Greta Thunberg sull’emergenza climatica a cui hanno fatto seguito altri temi fondamentali. Nell’antico essi incontravano la proposta della pratica epicurea del poeta latino.
Ora, sulla medesima materia, parte una serie di domande che creano disagio ad una classe dirigente impreparata e disorientata, soprattutto ridicola (ricordano qualcuno?), riguardo al cinismo distruttivo della natura del genere umano. La residua speranza poggia su un residuo senso di solidarietà umana che ancora persiste e ogni tanto fa capolino sulla scena.
“De Rerum Natura – There is no planet B” mette in scena sei episodi secondo l’impianto del poeta classico riproponendo il fascino del turbamento del rapporto perennemente conflittuale tra uomo e natura ma viene esasperato dall’interpretazione attoriale del nostro tempo, cosa che complica ogni forma di dialogo tra l’essere umano e l’universo naturale contemporaneo.
Una spiaggia mediterranea, residuo scenario di guerre, accoglie i dialoghi di una replica in chiave moderna della tematica lirica/filosofica di Tito Lucrezio Caro che porta il sottotitolo teatrale in inglese (il latino dell’ultimo impero) “There is no planet B”.
Dalla perseveranza inquisitoria della Thumberg all’eremitaggio sugli alberi di Julia Butterfly si svolgono le sei storie esemplari sulla scena di un campo di battaglia bagnato dal sangue dei braccianti e costellato dalle macerie di uno scontro finale.
Il dialogo tra il bracciante e i suo caporale di turno. La pietas delle donne di porto di mare, radicato nell’istinto materno, lascia all’orsa polare in estinzione la recita della condanna della follia distruttiva dell’essere umano. Una speranza residua arriva dalla musica improvvisata (di una banda musicale infantile). Alla fine compete agli ultimi recitare gli estremi Sos che arrivano dalla natura, nonostante nessuno sia ancora sicuro di salvarsi.