Rischio “Overturism” a Pompei: si cerca una strategia per privilegiare il turismo di qualità
POMPEI. Le statistiche delle visite turistiche per il 2023 hanno registrato il più alto numero assoluto di visitatori nella storia degli scavi di Pompei: 4 milioni, più 33,6% rispetto al 2022 e nel 2024 i numeri stanno crescendo ancora di più. Il direttore generale del Parco Archeologico, Gabriel Zuchtriegel, da dirigente preparato e consapevole del Ministero della Cultura, sa bene che il suo compito prioritario, tra i tanti che attualmente esplica ogni giorno, è la tutela.
Per questo motivo ha illustrato le misure messe in campo per scongiurare il rischio overtourism. Evidente lo scopo di privilegiare il turismo di qualità. Parole sante, che qualsiasi comunità civile e consapevole dovrebbe apprezzare e, per quanto possibile, imitare, perché significa privilegiare la qualità alla quantità. Un concetto incluso in quella parolina magica (“sostenibile”) che tante volte i politici ed altri operatori sociali citano nei loro discorsi, senza aver capito il suo significato più profondo.
Zuchtriegel ha fatto riferimento all’intenzione d’incentivare l’afflusso verso la “Grande Pompei”. Vale a dire la rete diffusa di siti archeologici (Boscoreale, Oplonti e Stabia) intorno alla città antica. Parchi importanti, come quello di Pompei, anche se di minore estensione e che sono collegati ad esso da una navetta gratuita per i visitatori del Parco.
Significa offrire ai turisti di visitare anche altri siti, non di spedirli altrove. Inoltre iniziative tipo il “Children Museum” rientra in una strategia di visita differenziata, destinata ad ampliarsi con percorsi alternativi della città antica rispetto a quelli tradizionali, soliti e ripetitivi.
È un argomento su cui si discute da anni nella direzione degli Scavi, perché l’economia turistica seria (non quella “da bottega”) deve bilanciare nel tempo costi ed opportunità. I costi non sono certamente solo quelli del personale, la luce elettrica e la spazzatura ma, soprattutto, quelli della tutela e manutenzione di un sito unico nel suo genere.
Allo stesso modo, tra le opportunità, bisogna considerare quello che nel marketing viene chiamato “cross selling” collegato al vantaggio di offrire inediti motivi d’interesse. Ora, rispetto a questa situazione, succede che i rappresentanti della categoria degli albergatori e dei commercianti si spaventano.
Non sono gli stessi che prima si lamentavano per il “mordi e fuggi”? Oggi credono che sia possibile praticare un “turismo lento” con permanenza di almeno 3 giorni nei centri d’arte e cultura, mentre continuano gli “assalti alla carovana” delle domeniche d’ingresso gratuito?
Lo stesso ragionamento vale per le amministrazioni comunali, dove molti devono ancora comprendere che spesso conviene rinunciare a qualche turista in più se questo sacrificio comporta un servizio d’accoglienza piacevole ed ordinato. Perché non bisogna dimenticare che al primo posto viene la qualità di vita dei residenti.
Significa, in soldoni, evitare occupazione eccessiva di suolo pubblico e parcheggi fuori norma, molestie e rumori notturni e soprattutto risse giovanili e controlli sui consumi delle bevande alcoliche. Se si mettono regole precise e poi si fanno rispettare con un servizio efficiente della polizia municipale, i malintenzionati vanno altrove. Questo non sarebbe un vantaggio per Pompei? Spesso a parole si è d’accordo, ma successivamente l’esperienza dimostra che i fatti dicono il contrario.
Altra cosa è la “turistificazione”, che è un male urbano conseguente all’overtourism. La città cambia faccia, perdendo la sua configurazione che è l’espressione delle sue radici storiche. Per esempio, se chiudono uno alla volta quei negozi di articoli religiosi tipici della Pompei di Bartolo Longo e si crea un’interminabile striscia di street food in un ambito street art, succederà che entreranno sì più soldi nelle tasche dei commercianti ma insieme ai soldi arriverà anche la puzza di fritto. Conseguentemente, i pellegrini si orienteranno presso una meta religiosa più tradizionale.