Archeologia giudiziaria e scoperte nella villa suburbana di Civita Giuliana a Pompei

POMPEI. La contrada di Civita Giuliana, a nord di Pompei, ha visto un’eccezionale scoperta in una villa parzialmente indagata nel settore residenziale all’inizio del Novecento dal marchese Giovanni Imperiali, proprietario del fondo, da cui prende il nome.

Indagini della Procura della Repubblica del Tribunale di Torre Annunziata hanno indotto la direzione del Parco Archeologico di Pompei, a partire dal 2017, ad aprire ben cinque cantieri. Sono state così avviate le relative indagini scientifiche nei due distinti settori: pars rustica e pars nobilis. In ognuna sono state fatte importanti scoperte ed è stato aperto un nuovo capitolo di ricerca archeologica in collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura di Torre Annunziata basata sulla necessità di contrastare furti e danni arrecati al patrimonio archeologico locale.

È stata pertanto avviata l’iniziativa inedita di tutela del territorio vesuviano estremamente ricco di reperti archeologici nel sottosuolo. Siamo nell’Ager dell’Antica Pompei, dove valeva la pena creare una partnership tra istituzioni, allo scopo di sperimentare un ampio progetto di tutela, ricerca e manutenzione

Le campagne di scavo hanno intercettato in primis la rete dei cunicoli dei tombaroli a 6 metri di profondità utilizzati per esplorare la villa ed esportare reperti preziosi con una tecnica rudimentale senza tener conto che in questo modo si cancellavano tracce di storia.

È stata svolta un’attività inedita dal valore universale e allo stesso tempo frutto di un’esperienza apripista di “archeologia giudiziaria”. Fortunatamente non tutto è andato perso per la comunità civile, perché le campagne di scavo hanno restituito importanti risultati sull’impianto planimetrico della villa, che mano a mano si va profilando, rispetto alle parti già conosciute e di cui è andata persa la documentazione grafica.

In parallelo, grazie ad all’attività dell’Ufficio tutela del Parco Archeologico di Pompei, è stato predisposto il programma degli espropri delle proprietà private che incombono sullo scavo. L’ultimo cantiere di scavo avviato nel 2023 in prosecuzione dell’area ad est portico, dove è stato rinvenuto il celebre carro cerimoniale, ha liberato un settore sotto la strada della Civita Giuliana. Le attività di scavo sono state eseguite in sinergia con l’amministrazione comunale che ha garantito una viabilità alternativa.

Le indagini hanno rivelato una “zona cerniera” tra il quartiere di servizio e quello nobile. Sono cambiati gli allineamenti e gli orientamenti dei vani nonché le tecniche e i materiali costruttivi a partire dal braccio del portico. Sono stati rinvenuti pannelli murari più sottili di muratura incerta e finitura ad intonaco e un tramezzo a graticcio al secondo piano. Sono stati realizzati calchi di arredi e di attrezzi, grazie alla predisposizione favorevole del suolo vulcanico.

Alla fine di un corridoio tra uno spazio privato ed uno pubblico è stato rinvenuto un “sacello” sormontato da un manto di tegole. L’ambiente segnala nuove informazioni sulla villa in funzione dell’Ager pompeiano. Il vano manifesta caratteristiche costruttive inedite rispetto a quanto già emerso (dimensioni, ingresso a forma di timpano bianco con cornici con stucchi bicromi ed elementi decorativi ispirati alle fiancate del famoso carro nuziale). Inoltre presenta una panca lungo le pareti e un podio in muratura dove era poggiata la statua di culto.

Si è conservata la traccia delle imposte della volta a incannucciata. Le pareti intonacate presentano alternanza di colori di registri gialli e incorniciati in fasce rosse. L’azione dei tombaroli ha strappato molta roba. Per quello che è rimasto si è proceduto alla copertura e alla conservazione (i calchi, compreso il noto cavallo nella stalla). Sono state conservate le travi dei solai carbonizzate che rappresentano un’eccezionalità da cui apprendere dati sulle tecniche costruttive.

Lo scavo migliorerà le strategie (sia di legalità che di ricerca) delle prossime campagne di scavo. Recenti notizie hanno fatto pensare che nella parte ancora non esplorata del criptoportico potrebbe esserci un altro carro per cerimoniali. La collaborazione della magistratura con il Parco Archeologico di Pompei ha consentito di riportare alla luce reperti e testimonianze di eccezionale valore, ma anche di interrompere il saccheggio ai danni del patrimonio archeologico.

La collaborazione ha portato alla formulazione di un Protocollo d’Intesa tra Procura della Repubblica di Torre Annunziata e Parco Archeologico di Pompei, sottoscritto nel 2019 e rinnovato nel 2021 e nel 2023, con cui è stata “codificata” l’esperienza maturata sul campo. È diventata una “modalità virtuosa” per il futuro non solo di Pompei.

In forza di tale protocollo, in tutti i casi in cui si abbia notizia di uno scavo archeologico clandestino, la Procura e il Parco Archeologico, supportati dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) e dell’Arma territoriale, procedono insieme per fermarlo, accertare eventuali trafugamenti di reperti archeologici, identificarne gli autori e recuperare eventuali altri reperti archeologici rimasti in loco.

Le più recenti attività di scavo si sono concentrate lungo via di Civita Giuliana per verificare le informazioni recuperate dalle indagini giudiziarie condotte dalla Procura di Torre Annunziata. La rimozione della strada ha consentito alla ricerca archeologica di migliorare la conoscenza del complesso servile meridionale della villa. Sono emersi muri in crollo del piano superiore del corpo di fabbrica che hanno svelato la planimetria di questo settore.

La parte ovest ha portato alla luce una porzione del quartiere in un braccio orientale di un probabile quadriportico ed ambienti quadrangolari tra un cortile a cielo aperto ed un muro di delimitazione orientale del quartiere servile, chiuso a sud da un altro muro e ingresso in un altro corpo di fabbrica.

A nord un sacello orientato est-ovest a cui si accedeva tramite un ingresso a sud dove si trova un ambiente coperto e le stalle, il corpo di fabbrica orientale e il complesso residenziale settentrionale della villa. Tale edificio presenta una facciata completamente intonacata e dipinta di bianco, dotata di un grande portale e sormontata da una sorta di “timpano” a rilievo. La differenza di quota tra la soglia d’ingresso e il piano di calpestio della corte era superata mediante una rampa che collegava il piano interno in cocciopesto e il battuto terroso esterno.

L’interno si presentava come un’aula rettangolare coperta da un controsoffitto sorretto da un telaio ligneo, a cui era fissata una struttura ad incannucciata, di cui lo scavo ha rilasciato vuoti ed impronte conservate nella cinerite vulcanica che aveva invaso l’interno della stanza, strutturata ad incannucciata con volta a botte, a copertura della parte centrale, mentre in prossimità delle pareti laterali del vano terminava in ambo i lati con un piano orizzontale.

Se la superficie d’intonaco applicato all’incannucciata era colorata di bianco, le pareti interne dell’edificio presentavano una decorazione pittorica parietale in IV Stile che si sviluppava in due registri continui che dalla parete d’ingresso all’ambiente ai lati del portale, convergevano in un punto focale riconoscibile nella porzione centrale del lato settentrionale, di fronte e in asse all’accesso all’edificio.

Tale ciclo decorativo, racchiuso in alto da una cornice a rilievo in stucco corrente lungo la linea d’imposta del controsoffitto ad incannucciata e, in basso, da uno zoccolo a sfondo scuro e motivi geometrici e floreali, prevedeva una sequenza su sfondo rosso di dodici pannelli a drappo giallo definiti perimetralmente da un tetto ad unica falda rivolta verso sud, risulta inserito in una precedente quinta architettonica da edifici almeno a due piani.

L’area pavimentata, con un battuto in terra di riporto, avrebbe dovuto anche costituire uno snodo delle percorrenze interne della villa e permettere la comunicazione tra i vari settori. Difatti il nuovo corpo di fabbrica si apriva sulla corte con una porta al piano terra e una scala.

È stato ricostruito un quadro della stanza degli schiavi estremamente misero e funzionale al lavoro di stalla nella cura dei cavalli e i carri da cerimonia. Un altro vano contiene strumenti agricoli. Un alloggio/officina contiene strumenti da carpentiere, un letto (grabatu) e una lucerna poggiata su tegola, un ripostiglio di poche suppellettili e poggiati su una parete contenitori lignei, cesti ad intreccio, una serra a telaio con lama in metallo, un martello da carpentiere e una matassa di fune vicino a pezzi di legno.

La parzialità delle informazioni dipende dai danni arrecati dai tombaroli che hanno staccato dodici pannelli a soggetto e trafugata la statua che era poggiata su un podio. Nella “stanza del Carpentiere” e nelle “Stanze degli schiavi”, gli scavi praticati nella cinerite dai clandestini hanno distrutto parte delle impronte degli arredi

Se la “stanza del carpentiere” aggiunge i informazioni sull’organizzazione del lavoro e della vita degli schiavi nella villa, il sacello collocato in un’area intermedia tra interno ed esterno e per le caratteristiche costruttive pone nuovi interrogativi sulla natura pubblica o privata del culto ivi praticato e sul suo rapporto con la villa (e quindi con i proprietari) e con l’esterno.

Mario Cardone

Mario Cardone

Ex socialista, ex bancario, ex sindacalista. Giornalista e blogger, ha una moglie, una figlia filosofa e 5 gatti. Su Facebook cura il blog "Food & Territorio di Mario Cardone".

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