Sepolture a Pompei che raccontano pezzi di storia
POMPEI. Un workshop internazionale ha replicato per il quarto anno la lodevole iniziativa della direzione locale di fare pubblicamente il punto sulle ricerche in corso nel Parco Archeologico di Pompei da parte di istituzioni universitarie e straniere e italiane.
Tra esse l’Università di Valencia ha trattato la tematica “Indagine sull’archeologia della morte a Pompei. Necropoli Porta di Sarno” dove è stata fatta la scoperta di una tomba che ha rivelato dettagli inediti su vita e sui riti funerari a Pompei, perché sono stati ritrovati resti mummificati appartenuti ad un individuo sepolto con tradizione greca.
La lastra marmorea, posta sul frontone della tomba attesta che si tratta di Marcus Venerius Secundio, che organizzava spettacoli in lingua latina e greca. Le attività di scavo e di recupero sono state coordinate dal professor Llorenç Alapont del Dipartimento di Preistoria e Archeologia. La struttura sepolcrale di Porta Sarno fa parte degli ultimi decenni di vita di Pompei. È formata da un recinto in muratura, sulla cui facciata si conservano tracce di pittura con motivi vegetali.
Marcus Venerius Secundio era un personaggio presente nell’archivio di tavolette cerate di Cecilio Giocondo. Era uno schiavo pubblico e custode del tempio di Venere. Da liberto aveva raggiunto un considerevole status sociale, attestato dal rango della sepoltura e dall’iscrizione che spiega che fu in vita Augustale e che “diede ludi greci e latini per la durata di quattro giorni”. È la prima testimonianza di spettacoli a Pompei in lingua ellenica.
Non meno eccezionale dell’iscrizione risulta l’inumazione di Marco Venerio Secundio, dal momento che nella fase romana di Pompei il rito funerario prevedeva l’incinerazione. La salma ritrovata nella tomba di Porta Sarno, invece, era stata inumata e nelle sue vicinanze sono state ritrovate due urne cinerarie, una delle quali, formata da un contenitore di vetro con nome Novia Amabilis.
È chiaro, quindi, che la sepoltura di Marco Venerio Secundio è insolita per il rito funerario adottato da un uomo con più di 60 anni. La camera funeraria consisteva di un ambiente ermeticamente chiuso che ha consentito lo stato di conservazione eccezionale in cui è stato trovato lo scheletro, con capelli e un orecchio ancora visibili. Sono stati recuperati due unguentaria in vetro e numerosi pezzi di un tessuto.
«Ci sono molti aspetti da chiarire – ha dichiarato Llorenç Alapont – intorno alla sepoltura di Porta Sarno, che rappresenta un esemplare unico a Pompei e per questo motivo richiede un approccio interdisciplinare, come l’Università di Valencia e il Parco Archeologico stanno facendo». Il Parco ha avviato una serie di interventi di messa in sicurezza, volti a garantire la manutenzione della necropoli di Porta Sarno nelle more della definizione di un più ampio progetto di restauro e fruizione dell’area.
Mentre si svolgeva il workshop summenzionato è stata diffusa la notizia del rinvenimento di una tomba nel corso dei lavori di manutenzione degli ambienti sotterranei dell’edificio di San Paolino, nuova sede della biblioteca del Parco Archeologico di Pompei.
Anche questa seconda scoperta riguarda la sepoltura di un personaggio che in vita aveva fatto una brillante carriera militare, seguita dalla residenza a Pompei, famosa per la bellezza del paesaggio che attirava i notabili della società romana.
Docenti universitari hanno tradotto l’iscrizione della tomba “a schola” formata da una panchina emiciclica, in tufo, decorata alle estremità con zampe di leone. I responsabili del Parco hanno deciso, a questo punto, di ampliare lo scavo e musealizzare un monumento funerario peculiare che può essere datato al regno dell’imperatore Augusto (27 a.C. – 14 d.C.).
L’iscrizione sullo schienale della panchina ha rilevato chi fosse il defunto, riservando più di una sorpresa agli addetti ai lavori: N(umerio) AGRESTINO N(umerii) F(ilio) EQUITIO PULCHRO TRIB(uno) MIL(itum) PRAEF(ecto) AUTRYGON(um) PRAEF(ecto) FABR(um) II D(uum) V(iro) I(ure) D(icundo) ITER(um) LOCUS. L’iscrizione continua in lettere più piccole posizionate al di sotto, al centro dello schienale: SEPULTURAE DATUS D(ecreto) D(ecurionum).
Ovvero: “A Numerius Agrestinus, figlio di Numerius, Equitius Pulcher, tribuno militare, prefetto degli Autrygoni, prefetto del genio militare, Duumvir per la giurisdizione (ovvero detentore della magistratura più alta nella città di Pompei) per due volte, il luogo della sepoltura (fu) dato su decreto del consiglio della città”.
Lo stesso personaggio è noto da un’altra iscrizione funeraria della necropoli di Porta Nocera, dove la moglie, Veia Barchilla, aveva realizzato un monumento a forma cilindrica per sé stessa e per il marito. Successivamente il consiglio dei decurioni avrebbe poi decretato di onorare Numerio Agrestino con un monumento su suolo pubblico.
Un secondo elemento di prestigio consiste nella carica di “praefectus Autrygonum”. Gli Autrygoni o Autorigoni erano un popolo delle regioni settentrionali della penisola iberica, dove Augusto tra il 29 e il 19 a.C. combatté le “guerre cantabriche” allo scopo di completare l’occupazione della Spagna. Si tratta di una carica finora non attestata che aiuta a comprendere meglio l’organizzazione del potere romano in una fase di transizione verso il modello imperiale.
Emerge con questo personaggio una migliore conoscenza della rete di potere che collegava le élite dell’impero, ai cui membri si chiedeva impegno nelle aree di conflitto con la promessa di ricompense economiche ma soprattutto di prestigio sociale.
Per Numerio Agrestino l’aver ricoperto ben due volte la magistratura più alta di Pompei, il duumvirato, ed essere stato onorato con un monumento funerario su suolo pubblico sono attestati di riconoscimento e lealtà per essersi battuto in prima linea per la causa dell’impero. «La scoperta inattesa di questo monumento è l’ennesimo esempio di come a Pompei la tutela, la ricerca e la valorizzazione siano strettamente intrecciate tra di loro» ha spiegato Zuchtriegel.