L’evoluzione del paesaggio vesuviano nel libro di Claudio Salerno
POMPEI. Secondo Claudio Rodolfo Salerno, presidente dell’Istituto per la Diffusione delle Scienze naturali e curatore dell’opera recentemente pubblicata “L’evoluzione del Paesaggio Vesuviano”, i fenomeni naturali hanno generato e trasformato il profilo umano e caratteriale della popolazione vesuviana nel corso della sua storia antica e recente.
Essa ha, a sua volta, progressivamente inciso sulla forma e l’intensità della componente naturale nel magnifico contesto paesaggistico che, anche se degradato, continua ad “entusiasmarci”, perché è parte di noi. Il volume di cui parliamo raccoglie considerazioni preziose sull’evoluzione, naturale ed antropica, del paesaggio vesuviano.
Si parte dal territorio del 79 d.C. che, proprio perché seppellito dall’eruzione vesuviana sotto una coperta di cenere e lapilli, consente ancora, dopo tanto tempo, la lettura integrale del paesaggio antico. Mentre dai reperti organici è possibile dedurre, grazie alle nuove tecniche, lo stile di vita degli antichi pompeiani.
“La scuola dei naturalisti di Pompei” è il titolo di un capitolo riferito al Laboratorio di Ricerca degli scavi di Pompei fondato da Anna Maria Ciarallo, alla base di un racconto scientifico che prosegue nell’analisi dello scrigno di conoscenza archeologica a cielo aperto, lungo il filo rosso di indagini multidisciplinari che hanno ricevuto nel testo contributi qualificati.
Il capitolo conclusivo dell’opera “Paesaggi Possibili”, scritto da Salerno e Dario Macellaro è stato impreziosito da foto professionali e sapienti di Stefano Piancastelli e Raffaele Riccardi. Alimenta stimoli creativi per i lettori sensibili all’evoluzione prospettica del paesaggio vesuviano, che l’artista suggerisce con una originale provocazione sensoriale.
Allo stesso tempo parte la metafora del piperno: la roccia magmatica del Vesuvio è dura e compatta, viene incisa e solo in parte modificata con lo scalpello, come il carattere dei residenti. Il paesaggio intorno allo Sterminator Vesevo si presenta formato da modeste dimore e da edifici monumentali pubblici e privati, ma è nei profili degli insediamenti operosi degli “ultimi” della scala sociale che, secondo i due autori, bisogna dedurre i simboli identitari del paesaggio.
I maestosi palazzi, monumenti e santuari che protendono verso il cielo rappresentano baluardi prestigiosi della comunità civile, sebbene il cambiamento reale risieda nei nuovi miti coltivati nelle periferie (lasciamo sempre qualcosa di noi, quando viviamo in un posto). Alla fine la gente comune riesce, più dei potenti, a conferire significati creativi e identitari ai percorsi paesaggistici.
Abbiamo notato che l’origine degli spunti creativi sul vissuto della gente comune, dichiarati (e praticati) dal naturalista Salerno, coincide con gli interessi di ricerca illustrati dall’archeologo Gabriel Zuchtriegel nella mostra da lui curata “L’altra Pompei. Vite comuni all’ombra del Vesuvio”.
In conclusione, per Salerno come per Zuchtriegel, se i titoli dei libri di storia sono appannaggio dei personaggi famosi, tocca agli umili, lasciati nell’anonimato, mettere in moto e rappresentare nell’immaginario collettivo, il motore dei cambiamenti sociali alla base dell’evoluzione di paesaggi come quello vesuviano.